Vincenzo Antonio Carbone, un pioniere della scuola rossanese. Racconto di Martino A. Rizzo

Il 25 giugno 1881 la rivista bolognese “La donna”, parlando dei progressi nella realizzazione di nuove scuole a Rossano, commentò “I nostri elogi al Municipio di Rossano, ed in ispecie al bravo maestro Vincenzo Antonio Carbone, che ci fa sapere queste cose col suo eloquente discorso, recitato in Rossano il dì della festa nazionale per la premiazione degli alunni”.

Infatti il 6 giugno 1880 durante la festa nazionale del Regno, che cadeva la prima domenica di giugno, Carbone pronunciò un importante discorso sullo stato della scuola rossanese fornendo tante informazioni sulla situazione scolastica della Città, discorso pubblicato, sempre nel 1880, a cura della Tipografia Municipale di Cosenza.

Era quella l’epoca in cui si iniziava a consolidare l’istruzione obbligatoria grazie alla Legge Coppino del 15 luglio 1877 che prevedeva cinque anni di istruzione elementare, imponendo altresì tre anni di obbligo scolastico. Pertanto a Rossano si registrò una crescita della popolazione scolastica e di conseguenza il sindaco Gaetano Toscano e l’assessore Pasquale Barone aumentarono il corpo docente portando da due a cinque i maestri e da una a tre le maestre, stanziando altresì nuovi fondi per le aule e l’arredamento. Su una popolazione di 15.000 abitanti, a Rossano si contavano 15 classi più un asilo infantile. Nell’anno scolastico 1879/’80 furono aperte ulteriori tre classi ginnasiali che andarono ad aggiungersi a due tecniche e nell’anno scolastico 1880/’81 ci fu l’inaugurazione di un corso biennale magistrale. Inoltre erano state istituite tre classi di scuole serali per consentire la frequenza ai lavoratori che erano impegnati durante il giorno.

Ai tempi del discorso citato, nel 1880, Vincenzo Antonio era un giovane maestro di 23 anni e le sue parole dimostrano il suo amore per la scuola vista come strumento di elevazione sociale per le classi meno abbienti, così come la sua grande passione per il lavoro di insegnante.

Figlio di Giuseppe e Maria Giuseppa Severini, era nato a Rossano il 26 gennaio 1857.

Nel 1883 sposò Elvira Nazzarena Carcavallo dalla quale ebbe undici figli.

Fin da giovanissimo, si dedicò all’insegnamento in un’epoca di grandi fermenti culturali nella quale l’educazione era individuata come il miglior sistema per formare i cittadini della giovane nazione, con la scuola posta al centro di questo processo.

In tale contesto di fervore e di “semina culturale”, tra il 1881 e il 1882 uscì a puntate “Le avventure di Pinocchio” di Carlo Lorenzini, un romanzo per ragazzi che raccontava di un pezzo di legno che, diventato prima burattino, si trasformava poi in un bambino. In tale narrazione tanti videro l’allegoria dell’Italia che prima era soltanto “un’espressione geografica” e successivamente era diventata una nazione. Inoltre nel 1886 fu pubblicato il libro “Cuore” di Edmondo De Amicis che – come commentò molti anni dopo Indro Montanelli – “trascorse la vita a tentare di fare della scuola un allevamento di galantuomini e di buoni cittadini”. Questo era il quadro nazionale nel quale a Rossano si muoveva, da protagonista, Vincenzo Antonio Carbone.

In un’epoca di forti discriminazioni, Carbone vedeva nella scuola il luogo dove si poteva ripristinare l’uguaglianza sociale, capace di accomunare “il figlio dell’agiato possidente, del pubblico funzionario, del laborioso commerciante, dell’onesto e misero operaio, del travagliato contadino, che si covre di sdruciti cenci e ha i piedi scalzi. Colà sono spariti le distinzioni di casta …”. E dove il figlio dei ricchi che “gli agi e le ricchezze riceve da fortuna o dal caso, non ebbe però l’istruzione, anch’egli deve procurarsi a costo di sacrifizii e di fatica”. Perché “l’istruzione corregge il vizio della superbia, che potrebbe alimentare nell’animo dei favoriti della fortuna, e sterpa quella del servilismo e dell’abiezione, che potrebbe allignare nel cuore dei diseredati”.

Insomma la scuola aveva il compito di realizzare la “perfetta armonia tra le differenti parti della società” e il maestro quello di “mantenere sempre viva questa armonia”.

Il discorso di Carbone terminava con una esortazione ai giovani a non disertare il mondo dell’istruzione. In particolare, un vigoroso richiamo era fatto agli “operai, figli del lavoro” che dovevano essere consapevoli “che la vostra classe è nobile e meritevole dell’amore e della stima universale”. “Continuate con amore ad istruirvi perché l’istruzione farà conoscervi i vostri doveri e i vostri diritti; la conoscenza dei quali, vi farà liberi ed onesti cittadini, amanti della virtù e del lavoro, cari alla patria ed ammirati dalla venture generazioni”.

Successivamente, nel gennaio del 1896, Vincenzo Antonio Carbone superò a Roma il concorso per ispettore e direttore didattico e nello stesso anno pubblicò un altro suo testo: “Maestro e scuola elementare in Italia”, stampato a Rossano dalla Tipografia A. Palizzi.

In questa seconda pubblicazione l’ottimismo del 1880 del giovane maestro sembrò andare scemando di fronte alle tante criticità che registrava nell’universo scolastico e così il libro è un lungo elenco di cose da rivedere per migliorare il mondo dell’istruzione.

Quello di Carbone fa pensare allo stesso percorso fatto da Edmondo De Amicis che dal libro “Cuore” passa al “Romanzo d’un maestro” col quale offre ai lettori uno spaccato critico della scuola italiana alle prese con i processi di alfabetizzazione, con i mille ostacoli di una burocrazia spesso ottusa e indifferente alle necessità di miglioramento della classe magistrale.

Quando Carbone pronunciò il suo discorso nel 1880, così come quando furono pubblicati “Pinocchio” e “Cuore”, al governo c’era la Sinistra Storica che si batteva per il suffragio elettorale, per l’obbligo scolastico, per il servizio sanitario pubblico, insomma per riconciliare la politica col paese reale, rendendolo più democratico e moderno.

Nel 1890 era invece iniziata la fase politica dove prevalevano i conservatori e quindi De Amicis e Carbone iniziarono a prendere le distanze dall’indirizzo politico nazionale. Nel 1880 il discorso del Carbone si aprì con una forte dedica al sindaco Gaetano Toscano, perseguitato dai Borbone e uomo della Sinistra Storica.

Nel 1896, quando Carbone pubblicò il suo “Maestro e scuola elementare in Italia”, l’amministrazione comunale era invece guidata dal barone Luca de Rosis che aveva una visione del ruolo di sindaco molto personalistica e accentratrice e nel collegio elettorale primeggiava dal 1892 il conte Nicola Gaetani d’Alife, ambedue del polo conservatore. Così Carbone, non citandoli affatto, espose direttamente al ministro Emanuele Gianturco il suo cahier de doléance formato, in estrema sintesi, da sette punti: 1. La necessità di riformare la scuola cosiddetta normale in modo da avere maestri più dotti e più pratici; 2. La gestione della scuola elementare sarebbe dovuta passare dai Comuni ai consigli scolastici; 3. Necessità di valorizzare l’ufficio di ispettore scolastico, rendendolo un viceprovveditore dell’istruzione primaria; 4. Necessità di prevedere obbligatoriamente l’ufficio di direttore didattico; 5. Nomina dei maestri da parte dei consigli scolastici, prima come reggenti e dopo un triennio come titolari; 6. Dare la possibilità ai maestri di fare carriera, stabilendo per la pensione, la continuità di servizio e togliendo il vincolo dell’età per il passaggio al servizio dello Stato; 7. Non essendo possibile aumentare lo stipendio degli insegnanti, che questo almeno fosse pagato puntualmente dalle casse postali di risparmio.

Mai venne però meno in lui la devozione verso la famiglia Savoia e nel 1896 diede anche alle stampe una “Storia della monarchia di Savoia narrata ai giovani”.

Infine, da infaticabile studioso, nel 1901 conseguì la laurea in Farmacia presso la Scuola Universitaria di Catanzaro, della Regia Università di Napoli e così iniziò a esercitare anche la professione di farmacista. Morì a Rossano nel 1912 all’età di 55 anni.

PS. Le pubblicazioni di Vincenzo Antonio Carbone sono consultabili sul sito:

https://anticabibliotecacoriglianorossano.it/libri-giornali-articoli/rossanesi/vincenzo-antonio-carbone/

Martino A. Rizzo

I racconti di Martino A. Rizzo. Ogni mercoledì su I&C

Martino Antonio Rizzo, rossanese, vive da una vita a

Firenze. Per passione si occupa di ricerca storica

sul Risorgimento in Calabria. Nel 2012 ha pubblicato

il romanzo Le tentazioni della

politica e nel 2016 il saggio Il Brigante Palma e i misteri

del sequestro de Rosis. Nel 2017 ha fondato il sito

anticabibliotecacoriglianorossano.it. Nel 2019 ha curato la pubblicazione

dei volumetti Passo dopo passo nella Cattedrale di Rossano,

Passo dopo passo nella Chiesa di San Nilo a Rossano,

Le miniature del Codice Purpureo di Rossano.

Da fotografo dilettante cerca di cogliere

con gli scatti le mille sfaccettature del paese natio

e le sue foto sono state pubblicate nel volume di poesie

su Rossano Se chiudo gli occhi.

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