Perché dobbiamo riprodurci in casa la copia del Fonte Battesimale del Patire. Racconto di Martino A. Rizzo

Il Fonte Battesimale del Patire di Corigliano-Rossano è un’opera dell’XI secolo che oggi si trova nel Metropolitan Museum of Art (MET) di New York. Infatti, durante il periodo in cui l’Abbazia era di proprietà della famiglia Compagna di Corigliano, se ne persero le tracce, verso la fine dell’800. Successivamente, nei primi decenni del ‘900, la Conca ricomparve al MET di New York al quale era giunta nel 1917, lasciata in eredità dal banchiere americano John Pierpont Morgan, famoso collezionista d’arte che era solito venire in Italia a fare incetta di antichità e che ne era entrato in possesso ormai da decenni. Si pensi che Morgan addirittura morì a Roma nel 1913, in uno dei suoi viaggi italiani. In merito a questo bene storico-artistico si può affermare con certezza che il Fonte non arrivò a Morgan in seguito a trafugamenti e ruberie e varcò i confini prima dell’emanazione della prima legge nazionale di tutela delle opere d’arte, la n. 185 del 12 giugno 1902, (detta legge Nasi). Né sappiamo se il barone Compagna, o il possessore del bene al momento dell’esportazione, abbia o meno seguito quelle scarne indicazioni contenute nel Decreto di Ferdinando I del 22 maggio 1813.

Di conseguenza è facilmente presumibile che il MET abbia accettato pacificamente la donazione del Fonte Battesimale, da parte di Morgan, oltre un secolo fa, non trattandosi di un’opera sottratta ed espatriata illegalmente. A ogni modo, anche la Legge Nasi – che per il Fonte comunque era arrivata in ritardo – prevedeva tante scappatoie. Francesco Grillo, storico coriglianese, in un articolo del 1949 fa riflettere, altresì, sulla destinazione dei “molti e notevoli oggetti classici, alcuni dei quali rinvenuti a caso ed in vari tempi nei vasti possedimenti del Barone Compagna presso le necropoli di Sibari e di Thurio .. che vadano a finire tutti, come alcuno sospetta all’Estero”.
Tornando alla Conca del Patire, oggi non c’è coriglianese-rossanese, amante della storia e delle antichità della propria Città, che non vedrebbe con immensa gioia il ritorno di questo nostro capolavoro in Calabria. Ma è possibile?
Prima di dare una risposta è opportuno capire la situazione relativa alla restituzione delle opere d’arte italiane sparse nel mondo. Perché, com’è noto, le collezioni private e i musei di tutto il mondo sono pieni di capolavori italiani, opere regolarmente acquisite, opere acquistate in barba alle leggi, opere vendute da mercanti senza scrupoli, opere trafugate in seguito alle invasioni di eserciti stranieri, opere fatte espatriare senza le autorizzazioni necessarie.
Ad esempio, per non allontanarci subito dalla Calabria, si può parlare innanzi tutto della Persefone, la Dea in Trono di Locri. Una statua in marmo del V-IV sec a.C. che è una meraviglia dell’antichità e che dal 1915 si trova in Germania all’Antikensammlung Berlin. Il governo tedesco dell’epoca sborsò un milione di marchi (secondo stime, circa 150 milioni di euro di oggi) per accaparrarsela. La statua apparteneva alla antica Polis di Locri e fu proprio qui che nel 1905 venne rinvenuta da un contadino del luogo che, soltanto 60 anni dopo il ritrovamento, raccontò la verità perché il padrone del terreno gli aveva fatto giurare di non parlarne mai con nessuno. Oggi, anche con tutta la passione che stanno mettendo gli abitanti di Locri per ottenere la restituzione dell’opera, non è nemmeno iniziata un’interlocuzione seria con la Germania, mentre resta agli atti la risposta agnostica dell’11 luglio 1966 che il Ministero della Pubblica Istruzione (all’epoca delegato anche per i Beni Culturali) diede alla città di Locri. Secondo il Ministero il caso andava inquadrato “nel problema generale delle trasmigrazioni delle opere d’arte avvenute in varie epoche per i motivi e per le circostanze più disparati da un paese all’altro”.

Da Locri sono tante le opere che hanno viaggiato per arricchire i musei di tutto il mondo. Per esempio è arrivato al MET di New York il Cavallo di bronzo, del 570-560 a.C. circa, che venne prima prestato al Museo, nel 1907, da Junius Spencer Morgan (1867-1932) e poi, successivamente, nel 1958-1959, definitivamente donato dai suoi eredi.

Al British Museum di Londra c’è un’altra opera calabrese trafugata. Si tratta dell’Ascia Votiva di San Sosti che tra il 1857 e il 1860 fu acquistata dal collezionista e orafo romano Alessandro Castellani, che comprava e vendeva antichità realizzando profitti strabilianti. Poi, passando di mano, è arrivata a Londra. Per la restituzione dell’Ascia venne anche interessato il ministro Sandro Bondi, a capo del dicastero dei Beni e Attività Culturali dal 2008 al 2011. Gli abitanti di San Sosti, da allora, sono sempre in attesa.

A Los Angeles il Getty Museum può contare su circa 44.000 opere d’arte e reperti archeologici greci, romani ed etruschi, per la quasi totalità, ufficialmente, di “provenienza sconosciuta”. Tra questi c’è la bellissima statua denominata l’Atleta di Fano, oppure Lisippo di Fano, trovata da pescatori in mare presso Fano e arrivata in California dopo tanti giri e innumerevoli trattative nel mercato nero, con una forte competizione per accaparrarsela tra il MET e il Getty Museum, vinta poi dal secondo nel 1977 per 3,98 milioni di dollari. Del rientro di questo capolavoro si è molto occupata anche la magistratura italiana con sentenze definitive di condanna e di sequestro. Ma il 3 dicembre 2018 il Getty Museum ha dichiarato con un comunicato stampa che “qualsiasi ordine di confisca è contrario al diritto americano e internazionale”. E così l’Atleta di Fano resta negli USA.

A New York, sempre al MET, c’è il bellissimo Carro etrusco di Monteleone, un prezioso carro da parata appartenuto a un alto dignitario etrusco. Trattasi di un’opera rarissima con un ricco apparato decorativo. Il Carro venne rinvenuto nel 1902 a Monteleone di Spoleto da un contadino della zona che lo cedette e dopo una serie di trattative e intermediari vari arrivò al Metropolitan Museum. Anche per questo capolavoro sono stati vani i tentativi di restituzione. “Il Metropolitan Museum non ha alcuna intenzione di restituire questo splendido pezzo” è quanto la responsabile dell’ufficio comunicazione del famoso museo newyorchese rispose seccamente, tempo fa, a una giornalista perugina in quanto – a suo dire – la biga sarebbe stata acquistata “regolarmente”.


Al Met c’è anche il bellissimo portale della Chiesa di San Leonardo al Frigido (XII sec.), di Massa Carrara, arrivato a New York per molte vie traverse.

Al Louvre è ancora esposto il grande dipinto di Paolo Veronese, le Nozze di Cana, trafugato da Napoleone a Venezia durante la campagna d’Italia del 1796-1797. Sempre al Louvre, solo per fare qualche altro esempio, sono rimaste due delle quattro allegorie – Aria e Terra – che il cardinal Federico Borromeo commissionò a Jan Brueghel il Vecchio e che vennero depredate pure queste da Napoleone nel 1796.
Si potrebbe continuare ancora portando tanti – ma proprio tanti – altri casi, parlando di opere di Giotto e Tintoretto esportate illegalmente, oppure delle razzie fatte dai nazisti durante la seconda guerra mondiale.


In uno scenario come quello descritto sulle opere d’arte italiane all’estero, è ipotizzabile pensare che il MET restituisca a Corigliano-Rossano il Fonte Battesimale del Patire che era di un privato, uscito dall’Italia in periodo di vacatio normativa, non ricompreso in alcun catalogo di beni pregiati, che non è stato rubato, che non è stato trafugato e che è stato acquisito dal MET in assoluta buona fede? Opera della quale non c’è – tra l’altro – alcun elemento che possa individuare il percorso che fece per arrivare dal Patire a Morgan e sul quale eventualmente trovare una criticità sulla quale fondare un’istanza di un ritorno o una vertenza. La risposta sembra facile.
Di queste difficoltà ne è ben consapevole il sindaco di Santa Fiora (GR) che per cercare di far ritornare a casa la bellissima Madonna di Luca Della Robbia, venduta dal Comune a un belga nel 1867, ha cercato inutilmente dei finanziatori per partecipare all’asta di Sotheby’s di New York (base d’asta di 700.000 – 1 milione di dollari). Invece l’opera – purtroppo – il 28 gennaio 2021 è stata aggiudicata a sconosciuti per due milioni di dollari.


Oggi, però, a noi coriglianesi-rossanesi può venirci in soccorso la tecnica. Il nostro Fonte Battesimale con la tecnica 3D è facilmente riproducibile in modo del tutto simile all’originale, in ogni dettaglio e in una scala di misura identica a quella reale. Bastano poche migliaia di euro ed è possibile riportare nella Città del Codex la copia identica del Fonte, accompagnandola con un grande battage comunicativo.
Si vuole anche tentare la via della restituzione? Bene, si facciano tutti i passaggi istituzionali necessari, ma considerando che alla luce dei casi analoghi serviranno decenni per cercare di portare avanti un iter di questa natura, nell’attesa, realizziamo in qualche mese una copia identica del Fonte Battesimale e godiamocela. E allo stesso tempo auguriamo sinceramente ai nostri figli e nipoti di poter gioire della visione di quella autentica, quando e se ritornerà.

 

I racconti di Martino A. Rizzo. Ogni mercoledì su I&C

Martino Antonio Rizzo, rossanese, vive da una vita a

Firenze. Per passione si occupa di ricerca storica

sul Risorgimento in Calabria. Nel 2012 ha pubblicato

il romanzo Le tentazioni della

politica e nel 2016 il saggio Il Brigante Palma e i misteri

del sequestro de Rosis. Nel 2017 ha fondato il sito

anticabibliotecacoriglianorossano.it. Nel 2019 ha curato la pubblicazione

dei volumetti Passo dopo passo nella Cattedrale di Rossano,

Passo dopo passo nella Chiesa di San Nilo a Rossano,

Le miniature del Codice Purpureo di Rossano.

Da fotografo dilettante cerca di cogliere

con gli scatti le mille sfaccettature del paese natio

e le sue foto sono state pubblicate nel volume di poesie

su Rossano Se chiudo gli occhi.

Una risposta

  1. Grande, grande Martino! Tuo padre sarebbe davvero fiero di te. Continua la tua opera appassionata e competente!

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