La movida al tempo del Coronavirus di Domenico Mazzullo

Ritorno su un argomento già trattato, perché sonno letteralmente sconcertato.
Le pagine dei giornali e i notiziari radiofonici e televisivi, non fanno altro che comunicare le preoccupazioni del Governo e dei Sanitari a proposito della cosiddetta “Movida” del fine settimana in tutte le città d’Italia.
Questo temine del meraviglioso idioma spagnolo, ma divenuto ormai universale, sta ad indicare, almeno nel linguaggio comune ora vigente, la abitudine dei giovani e anche dei meno giovani a raccogliersi, a radunarsi in luoghi determinati delle città, divenuti punto di aggregazione giovanile e qui trascorrere la sera e la notte, spesso, con un bicchiere in mano, empito di alcolici e non certo di succo di frutta, o con una classica bottiglia di birra, a dialogare, a stare assieme, a fare gruppo, a passeggiare su e giù, a sedere in terra.
Anche se non ho mai trovato piacevole fare questo, neppure in tempi lontani, l’educazione alla libertà mi impone di rispettare qualunque comportamento degli altri…fino a che…fino a che esso non disturba, o peggio ancora non limita la altrui libertà.
Ma la situazione diviene ancora più grave e inquietante quando certi nostri “liberi “comportamenti, mettono in pericolo la salute degli Altri che a quella propria salute legittimamente tengono e sono affezionati.
Ora il problema divenuto di scottante attualità e che preoccupa le Autorità governative e sanitarie del nostro Paese, non è più tanto l’epidemia, improvvisamente diffusasi in tutto il mondo, il sovraffollamento degli ospedali e soprattutto delle Rianimazioni di questi, in crisi perché costrette ad affrontare una pletora di malati in condizioni disperate.
Non si parla più di difficilissime scelte etiche su pazienti da curare e pazienti da abbandonare senza cure per mancanza di posti, o strutture di accoglienza, non più di medici e infermieri stranieri giunti in aiuto da Paesi esteri per soccorrerci, non più di pazienti italiani trasferiti e curati all’estero perché qui in Italia non c’era più posto in ospedale.
Anche il problema delle mascherine protettive, prima introvabili, sembra risolto e sono divenute facilmente reperibili anche a prezzo imposto.
Addirittura la Moda si è appropriata di questo oggetto sanitario, confezionando mascherine firmate, con tessuti leopardati, tigrati o addirittura in sintonia cromatica con i costumi da bagno da indossare prossimamente in spiaggia anche se a rispettosa distanza.
Non più ambulanze che percorrono a sirene spiegate le vie delle città, soprattutto del Nord a recuperare in casa malati in piena crisi respiratoria, per trasportarli in ospedale dal quale forse non torneranno più a casa,
Non più pazienti delle Case di riposo, divenute Case del riposo eterno, andati via senza il conforto di un ultimo saluto dei familiari, non più colonne lugubri, di verdi camion militari, che nottetempo trasportano le bare evocando le immagini delle carrette dei Monatti di manzoniana memoria, non più medici o infermieri che perdono la vita, compiendo il proprio dovere a favore degli Altri.
Ora il problema fondamentale di questa Fase II, della riapertura progressiva, del progressivo ritorno alla “normalità” è rappresentato, paradossalmente, dalla “Movida” dei giovani, che ansiosi di scrollarsi di dosso il peso insopportabile di due mesi di clausura, dettata non da sadici provvedimenti di carcerieri crudeli, ma dalla necessità di salvaguardare tutti da questa pandemia, si riversano in strada e nelle piazze per festeggiare la riacquisita libertà, come si festeggiava la fine della scuola, per festeggiare qualcosa che non è ancora finito, che ancora incombe su di noi, minaccioso e pronto a ripresentarsi con tutta la sua virulenza, non appena abbassiamo la guardia, non appena commettiamo un passo falso, e ne stiamo già commettendo molti.
Sembra che questi giovani festosi, siano stati dormienti durante le fasi più dure della pandemia, che non l’abbiano conosciuta, non ne abbiano avuto coscienza, non abbiano ascoltato i bollettini quotidiani dei numeri dei morti, dei contagiati, dei ricoverati in terapia intensiva. Ma dove erano quando non si parlava altro che di Coronavirus? Quando sui Telegiornali non scorrevano altro che le immagini delle bare, delle ambulanze, delle Rianimazioni degli ospedali?
Ora, la notizia è di oggi, il Governo, sempre attraverso le solite diatribe interne, si ripromette di arruolare un gran numero di volontari come “assistenti civici” per controllare la “Movida”. E’ una iniziativa che sarebbe comica, se non fosse tragica.
Perché allora non arruolare anche animatori delle feste per bambini, per rendere la “Movida” più movimentata e divertente?

 

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