Il principe del Foro don Mimì Rizzo, racconto di Martino A. Rizzo

Corigliano Rossano – Cercare di raccontare la vita dell’avvocato rossanese Domenico Rizzo, per tutti don Mimì, nelle poche righe di un articolo può essere un’impresa velleitaria. Don Mimì è stato un protagonista del ’900 e ha ricoperto ruoli di primo piano su tanti palcoscenici. Nelle aule giudiziarie, per i grandi processi del Paese lui c’era. Quando in Parlamento si discuteva, con dure contrapposizioni, della Legge Truffa lui era il relatore di minoranza. Quando si discuteva di Legge Merlin sempre a lui veniva affidata la relazione di minoranza. Nella prima Commissione Antimafia i suoi interventi lasciarono traccia.

Sandro Pertini, l’amato Presidente Pertini, nel 1956 gli scriveva: “Caro Domenico tu sai che per me l’amicizia è un bene molto profondo e tu sei uno dei più cari amici”. Con Umberto Terracini, il presidente dell’Assemblea Costituente, si dava del tu e insieme affrontarono, da difensori, tanti processi. E poi lo si trova nel Comitato di Solidarietà Democratica insieme a Giuliano Vassalli, grande penalista, professore universitario, futuro presidente della Corte Costituzionale, con Leonetto Amedei altro futuro presidente della Corte Costituzionale, con Fausto Gullo, Lelio Bassi e tanti altri nomi famosi. A difendere dei lavoratori, accusati dalla polizia di Scelba, per aver manifestato senza darne preavviso, davanti alla Corte Costituzionale era nel collegio di difesa insieme a Piero Calamandrei e Massimo Severo Giannini, e chi ha studiato diritto sa bene cosa hanno rappresentato, nel ’900, per il diritto italiano, Calamandrei e Giannini. Insomma, ci vorrebbe un libro per raccontare la vita di don Mimì, altro che un articolo.

Primogenito di otto fratelli, figlio dell’avvocato Enrico, dopo gli studi universitari a Napoli, divenne procuratore legale a 21 anni e a 22 sostenne il suo primo processo importante. In un articolo della rivista L’Eloquenza del 1935, raccontando di una riunione dell’Ordine degli Avvocati di Cosenza, l’autore dice “Il Foro di Rossano ci ha mandato due campioni: Mimì Rizzo e Peppino Lavia, ambedue festeggiati ed ammirati”. Insomma a 34 anni era già un campione del foro noto e stimato, dalla “parola persuasiva e brillante”, come si legge in una lettera a lui rivolta nel 1951. Rispettato anche dai gerarchi fascisti, che, pur conoscendo la sua fede socialista, erano suoi clienti e così – in occasione di qualche manifestazione importante – si limitavano a consigliargli di allontanarsi, per non correre il rischio di dover essere costretti a eseguire ordini spiacevoli nei suoi confronti. Infatti fin dal dicembre del 1924 si era messo in mostra, manifestando il suo orientamento politico, firmando una sottoscrizione che denunciava l’assassinio di Paolo Cappello, il giovane muratore militante socialista cosentino, che era rimasto vittima della violenza fascista.

Nel 1943, all’arrivo degli alleati a Rossano, don Mimì venne nominato autorità civile e commissario del comune, trovandosi subito ad affrontare la disastrosa situazione economica postbellica, per far fronte alla quale cercò di incrementare le entrate patrimoniali attraverso gli affitti della foresta di S. Onofrio; al contempo assegnando una quarantina di quote di possedimenti a braccianti non proprietari. Nel 1948 venne candidato al Senato nel collegio di Rossano per il Fronte Democratico Popolare e i suoi comizi divennero un appuntamento al quale non si poteva mancare. A Rossano, Piazza Steri si riempiva fino all’inverosimile e a Corigliano, quando parlava all’Acquanova, dal balconcino dell’allora Orologeria Maradei, la gente si accalcava in via San Francesco, in Corso Principe Umberto e in via Roma. Racconta un cronista coriglianese dell’epoca: “L’ultima sera della campagna elettorale, quando si iniziò il comizio di Rizzo, la piazza offrì uno spettacolo imponente, la popolazione era enorme, immensa, il silenzio perfetto, per cui l’Avv. Rizzo poté parlare ascoltatissimo e applauditissimo”. Venne eletto al Senato con 23.382 voti. In Parlamento, la sua alta professionalità giuridica e la grande abilità oratoria vennero subito tenute in debita considerazione dai partiti di sinistra. Che fosse la discussione della Legge Scelba sul sistema elettorale o la Legge Merlin sulle case chiuse era lui che veniva incaricato di illustrare la relazione di minoranza. E sempre lui espose le tesi delle minoranze sul disegno di legge per la repressione dell’attività fascista. Ma è limitativo ridurre l’attività di Rizzo in Senato solo a queste iniziative. Il suo confronto con Scelba, per fare un esempio, il duro ministro della polizia dell’epoca, fu serrato e si fece sentire con interpellanze, interrogazioni e discussioni in aula ogni volta che le forze dell’ordine usavano “le maniere forti” con i lavoratori. Nel ‘52 fu eletto anche in consiglio comunale sia a Rossano che a Corigliano, e lui optò per Corigliano dove per un brevissimo periodo fece anche il sindaco. In quegli anni, inoltre, era scoppiata un’altra grave questione: quella degli ex partigiani che venivano imputati di delitti e omicidi compiuti durante la Resistenza. Per i partiti di sinistra era vitale che in questi processi non fosse tirata in ballo la responsabilità politica di PCI, PSI e ANPI, ma che nello stesso tempo fosse assicurata ai partigiani imputati e alle loro famiglie un’adeguata assistenza. A tale scopo venne costituito da Umberto Terracini il Comitato di Solidarietà Democratica del quale facevano parte eminenti giuristi: oltre allo stesso Terracini, Lelio Basso, Leonida Casali, Giuliano Vassalli, Pasquale Filastò, Leonetto Amedei e tanti altri e naturalmente anche don Mimì. Il Comitato di Solidarietà Democratica stabiliva la strategia difensiva, che veniva impostata dall’avvocato Rizzo e poi utilizzata dai legali che difendevano in aula. E lo stesso don Mimì girò l’Italia per sostenere nelle aule la difesa di tanti partigiani imputati, assistiti fino in Cassazione.

Così tutti i grandi processi ai partigiani lo videro tra i protagonisti dei collegi difensivi. Da quello famosissimo di Porzus, a quelli del Triangolo della Morte in Emilia, a quello dell’uccisione dei detenuti fascisti nelle carceri di Carpi, a quello all’onorevole Francesco Moranino, a quello per l’uccisione dei conti Manzoni di Lugo. Per quest’ultimo caso è significativa la lettera che gli inviò l’on. Pietro Nenni: “Caro Rizzo, interpreto il pensiero di tutti i compagni ringraziandoti per il validissimo concorso che hai dato alla battaglia che ha strappato al carcere i partigiani implicati nell’affare Manzoni. Cordiali saluti dal tuo Nenni”.

Tra i tanti processi dove svolse un ruolo di primo piano non si può infine non menzionare quello per l’insurrezione di operai e braccianti avvenuta nel 1950 a San Severo (FG) dove fece assolvere, assieme a Lelio Basso e altri legali, i numerosi imputati dall’accusa di insurrezione armata contro lo Stato. Designato dall’Associazione Italiana Giuristi Democratici nell’Association Internationale des Juristes Démocrates (AIJD) prese parte a molte missioni in giro per il mondo per occuparsi della violazione dei diritti e repressioni.

Don Mimì spaziava dal diritto penale al diritto civile e per avvalorare le tesi che sosteneva nei giudizi non consultava i massimari con la giurisprudenza. Per lui contava la sua interpretazione della legge. Significativo a questo proposito è stato l’ultimo processo che seguì. La giurisprudenza sul caso era tutta sfavorevole alla sua parte e a chi glielo faceva notare opponeva la sua chiave interpretativa che invece intravedeva le ragioni per una vittoria. Il giudizio però fu negativo sia in primo grado che in appello. Non convinto da queste due sentenze, lui volle ricorrere in Cassazione. Qui i giudici, avendo all’epoca 93 anni, gli consentirono di discutere la causa stando seduto e dopo aver ascoltato le sue argomentazioni, illustrate a voce senza leggere alcunché, gli diedero ragione in pieno.

Dopo questo breve, velocissimo e assolutamente non esaustivo excursus forse è più semplice spiegare perché clienti, colleghi avvocati, magistra si rivolgevano a lui chiamandolo “don Mimì”. Avvocato è anche il giovane laureato che ha da poco superato l’esame per esercitare l’attività forense. Domenico Rizzo invece era di più, molto di più. Era un maestro, un campione nei campi dove si era misurato nella vita e il semplice “don Mimì”, distinguendolo dagli altri suoi colleghi, riassumeva in due brevi parole il rispetto e il riconoscimento da parte di tutti nel trovarsi di fronte a qualcuno che per capacità, storia professionale, esperienze fatte, stava dei gradini sopra.

sul sito

avv. Domenico Rizzo, don Mimì

è presente una biografia dell’avv. Rizzo insieme a lettere e documenti inerenti la sua attività e i rapporti con il Presidente Pertini e l’on. Pietro Nenni.

Martino A. Rizzo

 

I racconti di Martino A. Rizzo. Ogni mercoledì su I&C

Martino Antonio Rizzo, rossanese, vive da una vita a

Firenze. Per passione si occupa di ricerca storica

sul Risorgimento in Calabria. Nel 2012 ha pubblicato

il romanzo Le tentazioni della

politica e nel 2016 il saggio Il Brigante Palma e i misteri

del sequestro de Rosis. Nel 2017 ha fondato il sito

anticabibliotecacoriglianorossano.it. Nel 2019 ha curato la pubblicazione

dei volumetti Passo dopo passo nella Cattedrale di Rossano,

Passo dopo passo nella Chiesa di San Nilo a Rossano,

Le miniature del Codice Purpureo di Rossano.

Da fotografo dilettante cerca di cogliere

con gli scatti le mille sfaccettature del paese natio

e le sue foto sono state pubblicate nel volume di poesie

su Rossano Se chiudo gli occhi.

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