Corigliano Rossano. Comune in giudizio, Candiano: rappresentanza Dirigente o Sindaco?

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Nicola Candiano

Corigliano – Rossano (Cs) – È giusto che la scelta sulla difesa in giudizio dell’atto impugnato vada riservata al dirigente che lo firma? Oppure deve rimanere una prerogativa del Sindaco? Come dare anche in questa materia effettività alla distinzione tra amministrazione e gestione voluta dalla Legge Bassanini? Che succede in caso di conflitto? – Il nuovo Statuto di Corigliano-Rossano può entrare nel merito e decidere in un modo o in altro. Ecco perché il tema trattato in questo nuovo contributo, il numero 7, dello Studio Candiano Avvocati, ovvero la rappresentanza legale dell’Ente, è solo apparentemente di interesse esclusivo degli addetti ai lavori. Su di esso il redigendo Statuto – anche con rinvio ad apposito regolamento per la disciplina di dettaglio – può contribuire a chiarire alcune problematiche poste dalla prassi rispetto alla coerenza del sistema e semplificare talune procedure a favore dell’efficienza dell’azione amministrativa.

CONTRIBUTI STUDIO CANDIANO AVVOCATI

7/LA RAPPRESENTANZA LEGALE

Allo Statuto è demandata la possibilità di disciplinare i modi di esercizio della rappresentanza legale, anche in giudizio. Secondo l’articolo 50 del Testo Unico degli Enti Locali (TUEL) è il Sindaco che rappresenta il Comune: affermazione di principio diversamente declinata sulla spinta dall’evoluzione della normativa sull’organizzazione della pubblica amministrazione.

Con la separazione delle funzioni di amministrazione da quelle di gestione (Legge Bassanini), al Sindaco compete sicuramente la rappresentanza politico-istituzionale. Per atro verso agisce in via esclusiva quale Ufficiale di Governo ed emana ordinanze contingibili ed urgenti a tutela della salute o della incolumità pubblica. Gli atti di gestione che portano all’esterno la volontà dell’Ente con efficacia giuridica, invece, sono riservati alla sottoscrizione della Dirigenza di Settore ex articolo 107 TUEL o di quella Generale (ove istituita): è il caso di permessi, licenze ed autorizzazioni; nonché delle ordinanze, diverse da quelle riservate al Sindaco; ma anche di contratti o convenzioni con terzi.

La prassi ha ovviamente messo in evidenza dei casi dubbi che nel corso degli anni hanno alimentato discussioni tra gli esperti ed interlocuzioni con le amministrazioni di riferimento. Un esempio è dato dalla rappresentanza dell’Ente nei confronti del Fisco al momento della sottoscrizione delle dichiarazioni che il Comune deve rendere all’Agenzia delle Entrate al pari di ogni contribuente. Secondo un’interpretazione restrittiva ancorata alla lettera del citato articolo 50 TUEL la legittimazione unica è del Sindaco, i cui dati identificativi – come è noto – vengono trasmessi all’Agenzia delle Entrate immediatamente dopo la sua elezione.

Tale approccio è però in contrasto con la natura tecnica e gestionale della dichiarazione fiscale, che rappresenta il precipitato della gestione del relativo settore comunale da parte del dirigente, che la compila utilizzando le proprie conoscenze e competenze.

 

Su tale punto e su altri simili, sarebbe opportuno un intervento chiarificatore in sede statutaria.

 

Sempre a proposito di rappresentanza dell’Ente, il più volte citato art. 6 TUEL – in una digressione – richiama espressamente quella “in giudizio”. Si tratta della rappresentanza nelle cause innanzi alle varie giurisdizioni (civile, amministrativa, tributaria ed anche penale) cui il Comune partecipa perché chiamato o su sua iniziativa. Qui i profili problematici sono legati al criterio della responsabilità. La questione può formularsi nei seguenti termini: se viene impugnato il diniego di un permesso di costruire, oppure l’aggiudicazione di una gara di appalto o un accertamento tributario, perché non correlare alla responsabilità del Dirigente le scelte per la difesa in giudizio?

 

Dopo un iniziale orientamento negativo della giurisprudenza, si è affermata ormai in maniera univoca e costante, sia da parte della Cassazione che del Consiglio di Stato, la possibilità di affidare la rappresentanza a stare in giudizio ai dirigenti per i rispettivi settori di competenza, quale espressione del loro potere gestionale, a condizione che vi sia una espressa previsione statutaria e, in caso di rinvio, regolamentare. Ma, seguendo tale criterio della imputabilità dell’atto o dell’azione dedotta in giudizio, vi è il rischio che si produca un’eccessiva frammentazione della rappresentanza in giudizio, con difficoltà ad esercitare l’imprescindibile funzione di controllo e di indirizzo. E per ovviarvi si può pensare di mantenere la partecipazione del Sindaco, attraverso un concerto da esprimere in apposita fase endo-procedimentale; oppure prevedere una qualche competenza del Direttore Generale ove istituito ed in forza dei compiti attribuitigli ex articolo 108 TUEL.

 

Così come si potrebbe disciplinare diversamente il contenzioso di routine da quello di rilevante portata o di particolare delicatezza. L’ultima notazione sull’argomento riguarda il caso dell’impugnazione di un provvedimento del Consiglio Comunale: perché in tal caso la rappresentanza in giudizio non potrebbe essere attribuita al Presidente del civico consesso? Alle questioni qui sollevate dovrà rispondere lo Statuto.

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