Unical. Lettera di una studentessa: Lucrano su di noi e non ci aiutano

Cosenza – Siamo arrivati al limite di sopportazione. Parlo da studentessa universitaria presso l’Università della Calabria e come tale ho sempre rispettato e amato il mio ateneo. Parlo da giovane ragazza a cui è stato dato l’obbligo di stare a casa per il bene del terzo, per prevenire un virus, per la salute degli altri. Ad oggi non mi sento per nulla ricambiata dalle autorità per il mio “sacrificio” di mettere da parte la mia libertà e questo succede perché da tre mesi non ho mai sentito nessuno in appello sulle questioni di noi studenti universitari. Paghiamo l’affitto a vuoto per quanti altri mesi? Va bene, è rispettoso. Non si può tornare in aula, costretti a sopportare ore di lezioni seduti senza il minimo respiro, davanti ad uno schermo pur di far venir meno la nostra vista. Va bene anche questo, nessun problema. Avete dato regole su come sviluppare le lezioni e noi le abbiamo rispettate tutte, andando anche contro la nostra salute fisica ma soprattutto mentale. Ci siamo “arrangiati” in qualche modo con l’hotspot di qualche familiare o la visione su un cellulare, per non parlare dello studio continuo senza libri. Ci avete costretti a comprare libri originali perché non avevamo il permesso di tornare nelle nostre abitazioni universitarie. Abbiamo avuto comportamenti più che rispettosi per ciò che disponeva l’università e per ciò che disponeva il Governo, noi giovani più di tutti. Tutto questo non è servito a nulla perché niente di tutto ciò ha portato nei responsabili della didattica un senso di umanità. Siamo costretti, ripeto, ad arrangiarci con il materiale perché non vogliamo finire fuori corso portando sacrifici ulteriori alle nostre famiglie seppur affrontiamo una pandemia, ma nonostante questo pretendete altro. Regole assurde per lo svolgimento degli esami in via telematica, come se il nostro parere e il nostro livello psicologico non fosse già alterato. Abbiamo sentito che dovremmo avere due dispositivi elettronici per lo svolgimento della prova,uno che sorveglia e l’altro per la visione dell’esame stesso. Come potete pretenderlo se non possiamo tornare a recuperarlo o addirittura, ancor più grave, comprarlo se siamo in una situazione di crisi globale? Siamo scesi nel ridicolo, con piattaforme per lo svolgimento mai usate, mai studiate e senza competenze nell’utilizzo di queste. Non potete pretendere ancora, non è giusto. Non lo è perché d’altra parte non abbiamo docenti pronti a sensibilizzare la situazione ma che,ahimè, delle volte provano piacere a scontarsi con noi. Come se la colpa fosse nostra di tutta questa cosa, come se i colpevoli in fin dei conti fossero i giovani che più di tutti hanno visto venir meno la libertà. Pretendete una connessione stabile altrimenti il primo segnale negativo sarà annullata la prova. Ma come fate? Siamo nel 2020 ma non tutti hanno un wi-fi, la fibra o altro nelle proprie abitazioni e non tutti possono permetterselo! Nessuno ha pensato a noi, nessun fondo, nessuna agevolazione. Eppure continuate a pretendere, forse perché (a mio dispiacere) il nostro fallimento vi porta guadagno, come vi portano guadagno studenti fuori corso. Ed è questa l’unità di cui dovevamo tener conto in questa emergenza sanitaria? Ancora una volta mi sento obbligata a cadere in un fosso senza nessuno che ponga una mano d’aiuto.

Ciao, ancora Italia. Università della Calabria

Distinti saluti,

Carmen De Luca

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