Tribunale di Rossano, il viaggio della speranza

di MATTEO LAURIA

11062164_10206820773940112_460032016549256109_nIl viaggio della speranza. Tutte le strade sono state battute, l’unica non perseguita è quella di una vera protesta presso le sedi che contano: presidenza del Consiglio dei Ministri, Capo dello Stato, Ministero della Giustizia, Consiglio superiore della Magistratura. Un presidio permanente che trasmetta il messaggio forte di quanto male abbia inferto nel nostro territorio la riforma della geografica giudiziaria, i cui effetti hanno determinato la soppressione del tribunale di Rossano. Una o più carovane alla volta della capitale per dare vita a una incisiva azione di protesta senza precedenti. Non solo avvocati, ma quanti vorranno testimoniare il dramma e l’ingiustizia subita. Gli organizzatori sono al lavoro e domani terranno un incontro operativo al fine di studiare il da farsi. È tempo di fatti concreti, bando al chiacchiericcio di strada o alle sciocchezze sulle paternità o sulla visibilità che tanto danno hanno prodotto in questi anni. Occorre guardare ai fatti, essere pratici e realisti. Non più la protesta degli “avvocati” ma quella di un territorio depauperato gradualmente di tutti i servizi. In 17 hanno perso il posto di lavoro: oggi vivono grazie all’indennità di disoccupazione e, quando questa sarà terminata, saranno considerati dei “senza tetto”, visto che sono tutti ultracinquantenni. Ben 17 famiglie, con figli, in mezzo a una strada. Sono gli ex addetti alla vigilanza. E ancora le maestranze perdute nel settore delle pulizie, o all’interno dell’ex Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Rossano. Ci sono casi in cui si sono trovati senza lavoro marito e moglie, impiegati rispettivamente nel settore della vigilanza e nell’ex Foro. Oggi, i due, non sanno a chi appellarsi. E che dire dei precari della giustizia o dei tanti avvocati emigrati altrove. I primi sono stati spalmati in sedi giudiziarie di mezza Italia con indennità pari a circa 350 euro mensili (come faranno a vivere?), i secondi hanno deciso di lasciare la professione per darsi all’insegnamento. Come non ricordare i fondi sprecati nella realizzazione di un parcheggio, circa 1,5 milioni di euro, a supporto della struttura giudiziaria. La dose di risparmio da parte dello Stato nei costi di gestione e di locazione dell’immobile situato in Viale Santo Stefano si sarebbe toccata con mano: la Regione Calabria infatti si era resa disponibile a farsi carico del fitto.
Ad oggi, si registra un via vai da e per Castrovillari tra avvocati, testi, professionisti, guardie carcerarie, forze dell’ordine, dipendenti dell’amministrazione giudiziaria, etc. etc. etc., il cui ammontare dei costi supererà di gran lunga la volontà del legislatore di accorpare per rendere efficiente il sistema Giustizia (cause fissate al 2018 e spazi ristretti) e di ridurre le spese. L’obiettivo non è stato raggiunto né in una direzione né nell’altra. A Castrovillari, al fine di trovare una soluzione alla maxiutenza che giunge dallo Jonio, si sta pensando di riadattare il vecchio tribunale. L’ufficio Unep presenta problemi di carattere persino igienico-sanitario. Opportunamente, il presidente del Tribunale Caterina Chiaravalloti ha chiesto di utilizzare la mastodontica aula destinata agli avvocati per le udienze penali. Poi c’è il problema della mobilità pubblica, praticamente assente. Eccezion fatta per un’azienda di autolinee privata che garantisce il servizio con due corse al mattino (all’alba) e altrettante al pomeriggio, di cui usufruiscono il personale dell’amministrazione giudiziaria e gli studenti. Su tutto, l’aspetto più inquietante rimane la questione morale. E i silenzi dello Stato rispetto alla chiusura del presidio giudiziario. Manca al momento una motivazione formale plausibile che giustifichi la soppressione del presidio. Sul punto, sono partite interrogazioni parlamentari che chiedono chiarimenti sull’ipotesi di carte false e sulla istituzione di una commissione d’inchiesta come atto di trasparenza. Il Ministro della Giustizia tace. E con lui il Governo. A fronte di tutto ciò, non si può rimanere inermi.
Ne va di mezzo la vita delle persone e la dignità di un territorio. Ed ecco che, con grande umiltà, oggi c’è chi è disposto a scendere in strada con orgoglio al fine di battersi nell’interesse di tutti, e non di una sola categoria (avvocati), come scioccamente si vuol lasciar intendere. La marcia su Roma deve chiamare ognuno alle proprie responsabilità. La cultura della delega o degli impoltronati non porta a nulla. È il recente passato che lo dice, non siamo noi. Sono i risultati che parlano. Oggi è l’occasione giusta per dare concretezza alle parole. Lo diciamo ai candidati a sindaco della città di Rossano che sono tanti, lo diciamo ai sindaci del territorio che non perdono occasione per sottolineare il loro impegno nella vertenza in atto. Nei prossimi giorni, gli organizzatori fisseranno una data per formalizzare l’iniziativa. Potranno parteciparvi solo chi ha intenzioni serie di protesta, niente proposte di mediazioni e/o diplomazia nel tentare di trovare soluzioni politiche alternative, risultate vane almeno fino a questo momento.

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