Scala Coeli: La discarica Pipino un caso Europeo, tra ipocrisia e miopia politica

L’impianto di Scala Coeli diviene un caso internazionale. Si scomoda persino la commissione europea per l’ampliamento di una discarica a norma, che gode della legittimità degli atti autorizzativi, ecocompatibile, impermeabile e rispondente a tutti i sistemi di sicurezza, così come sancito da una sentenza dello Stato italiano i cui dispositivi ormai si interpretano a convenienza, contravvenendo ad ogni logica che si richiama allo stato di diritto, anche comunitario. Per alcuni parlamentari regionali ed europarlamentari, in Calabria esiste solo ed esclusivamente la discarica Pipino di Scala Coeli, su cui intervengono quasi ad orologeria. La solita doppia morale, intrisa di ipocrisia, falsità e finto ambientalismo, altrimenti si mal comprende l’iperattivismo su un singolo impianto privato verso cui è in atto da anni un’azione singolare di matrice persecutoria, come se in Calabria esistesse solo la Bieco! Sia ben chiaro, le società che operano in questo delicato settore, quelle sane, sono da difendere e tutelare poiché si tratta di ambiti delicati e complessi che richiedono sacrificio, esposizioni di rischio, e responsabilità.

L’impianto di Pipino

Tanto premesso, ci sono discariche di dimensioni ben più voluminose in Calabria, ma non è dato sapere per chissà quali strane recondite dinamiche nel vocabolario di alcuni movimenti e rappresentanti istituzionali esista solo ed esclusivamente Scala Coeli.

L’impianto di Scala Coeli è destinato a una ben precisa tipologia di rifiuti, qualificati come “non pericolosi”. Inoltre ha tutte le caratteristiche per poter contribuire a uscire dallo stato di emergenza in cui versa cronicamente l’ambito territoriale ottimale della Provincia di Cosenza, mettendo a disposizione una parte dell’impianto per il conferimento  degli scarti della lavorazione dei rifiuti solidi urbani, e non già rifiuti urbani come qualche sprovveduta afferma in una nota pubblica, aprendosi a figuracce nello scenario internazionale.

La recente sortita di una europarlamentare piuttosto attenta alla problematica dei rifiuti, solerte ai temi dell’ambiente, è l’ennesima conferma di come tra organi istituzionali sia venuto meno ogni margine di rispetto. Si coinvolge la commissione europea a cui si chiede di andare contro una sentenza dello Stato italiano? Siamo all’assurdo. Da una indagine svolta sull’attività di europarlamentare, si evince come la stessa sia abile nel rimanere in superficie sul tema dell’emergenza rifiuti. Parla per frasi fatte, proposte generiche e fumose. Non vi è traccia nella sua attività legislativa di proposte concrete su come uscire dallo stato di crisi ormai permanente.  Dicesse l’europarlamentare come intende affrontare nell’immediato la paralisi attuale dell’impianto pubblico di Bucita di Corigliano-Rossano (e non solo), divenuto una vera e propria bomba ecologica. Dia risposte concrete e non astratte o sfuggenti, lontane dal populismo, circa la necessità di evitare un dispendio di denaro pubblico quando si decide di conferire gli scarti fuori regione o all’estero. O si pensa di poter risolvere l’attuale emergenza con la formula della “discarica zero”? Oggi si chiede chiarezza e trasparenza progettuale, indicando un percorso concreto su come uscire dall’emergenza.  Il paradosso è che anziché discutere su come superare le fasi di estrema criticità, si pongono veti al completamento di un’opera di interesse pubblico in un momento difficile per la Calabria e per i calabresi. Uno degli indicatori preoccupanti, che sfugge ai mistificatori di mestiere, è l’evasione dei tributi: i cittadini non ce la fanno a pagare le tasse, la povertà si tocca con mano. Ma forse, chi vive alle spalle della politica o ha uno stipendio sicuro non ha contezza della realtà che si vive.

La forbice dei contribuenti si assottiglia sempre di più e i comuni non riescono a effettuare il versamento delle quote agli Ambiti territoriali ottimali i quali sono in sofferenza con le società che gestiscono gli impianti legittimate a rivendicare le spettanze. Da qui il blocco delle attività. Questo è il contesto in cui si sta operando. E anziché tentare di trovare soluzioni al caos in atto, alcuni rappresentanti eletti si dilettano a complicare gli unici percorsi, al momento, risolutivi.

Affetti dalla sindrome Nimby, l’irresponsabilità regna sovrana. Siamo di fronte a una sorta di miopia politica che produce solo danni irreparabili i cui effetti ricadono sulle tasche dei cittadini.  Si preferisce il trasporto fuori regione dei rifiuti, sprecando ingenti risorse pubbliche. All’estero si utilizza il rifiuto come materia prima, lo si trasforma in energia, e così accade che l’Italia paghi per ben due volte lo stesso rifiuto.  E ciò che per noi è un problema, per altri non solo è una risorsa ma si trasforma in business. E questi pensano alla discarica Pipino!

Altro aspetto, non meno importante, è il non avere consapevolezza della realtà e dello stato di crisi in cui versano i cittadini, vessati da un carico fiscale enorme e tra questi il costo della Tari (tassa sui rifiuti) divenuto insostenibile soprattutto per le fasce sociali in difficoltà. Manca il senso della solidarietà e dei principi di sussidiarietà, per aprirsi invece al doppiogiochismo posto in essere anche dalla solerte europarlamentare che da un lato si preoccupa dei costi esosi derivanti dal trasferimento fuori regione degli scarti, dall’altro si adopera perché ciò avvenga opponendosi a impianti necessari allo smaltimento, che sono gli stessi che potrebbero contribuire a evitare l’incremento della pressione tributaria.   (fonte ufficio stampa società Bieco)

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