Sanità: 3 Pet per coprire la richiesta sanitaria dell’intera Regione

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Eppur si muove. A fatica, tra mille difficoltà, esposta – in certi casi – al “fuoco amico”. Ma la sanità calabrese non è soltanto liste d’attesa chilometriche, Pronto soccorso che annaspano e organici carenti. Queste cose ci sono, e gravano ogni giorno sui pazienti. Accanto a esse, però, ci sono idee e progetti che si muovono: eccellenze che provano a mettersi in rete e altre che potrebbero nascere in tempi ragionevoli. Sarà un percorso accidentato, quello dei calabresi verso una sanità normale. Ma i primi passi sono partiti. Iniziamo da Reggio Calabria. E dalla Pet, macchinario di fondamentale importanza nelle diagnosi di natura oncologica (e non soltanto). La Pet installata nell’Ao “Bianchi-Melacrino-Morelli” è pienamente operativa da settembre. Dopo la presa di servizio e la successiva formazione sul campo dei tecnici, la macchina è ormai a regime ed è in grado di garantire l’esecuzione di 40 esami settimanali ripartiti su 5 giorni lavorativi. <strong>La proiezione è di circa 1.600 esami all’anno per un valore di 1 milione 760mila euro all’anno (1.100 euro per ciascuno), mentre il costo effettivo per le casse dell’Azienda è di 337,50 euro</strong> a prestazione. Il differenziale – adesso che lo strumento è a disposizione dei pazienti calabresi – resterà “in casa”: prima, quando per una Pet era necessario spostarsi in Sicilia, andava ad alimentare la voragine della mobilità passiva.«<strong>Nel 2015</strong> – scrive Frank Benedetto, direttore generale dell’Azienda ospedaliera, in un report recentissimo – <strong>la migrazione sanitaria relativa alla metodica Pet era del 100%, prevalentemente nella vicina Sicilia</strong>». Ora, invece, i reggini non dovranno più spostarsi e «<strong>i tempi d’attesa sono annullati</strong> perché l’esame viene eseguito durante la settimana della prenotazione». C’è di più: la Pet “reggina” è la più avanzata del Centro-Sud, «unica tecnologia al mondo in grado di ottenere una risoluzione uniforme in tutto il campo visivo», che «consente di ottenere immagini di qualità molto più elevata rispetto ai tradizionali metodi di ricostruzione, prive di distorsioni e dai controlli definiti».Il percorso già avviato negli ospedali Riuniti di Reggio Calabria ha mosso i primi passi anche a Cosenza, dove – nei giorni scorsi – è arrivata una macchina “gemella”. Consegnata il 30 settembre, è l’emblema dei due volti della sanità calabrese. Proprio nelle ore in cui la magistratura cosentina chiedeva il sequestro del reparto trasfusioni e di altre aree del vecchio ospedale dell’Annunziata, il lavoro dei manager dell’Azienda e della struttura commissariale per il Piano di rientro riusciva a portare a casa un risultato che, se considerato nel contesto complessivo della Regione, può migliorare le prospettive della sanità calabrese.Nella struttura commissariale si fanno due conti: <strong>il fabbisogno di esami per tutta la regione è compreso tra 4.500 e 5mila all’anno. Con tre Pet a regime (a Reggio Calabria, Catanzaro e Cosenza) si può coprire per intero la richiesta</strong>. Questo dato potrebbe azzerare le migrazioni sanitarie, i viaggi della speranza “dedicati” alla prevenzione. E anche quelli che seguono, purtroppo, una diagnosi preoccupante. È dalla mancanza di una Pet che inizia il percorso della mobilità passiva: una volta completato l’esame in un’altra regione, è praticamente certo che si rimanga lì per eventuali interventi e (nel caso di patologie tumorali) per le cure successive. L’obiettivo strategico, invece, è quello di mantenere i pazienti in Calabria. <strong>E l’opzione diagnostica, a breve, ci sarà su tutto il territorio. E al livello più alto nel Centro-Sud</strong>.(fonte Corriere della Calabria.it)

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