San Nilo Abate: oggi i festeggiamenti a 1.017 anni dalla sua morte

Corigliano Rossano – Dal 26 settembre 1004 sono trascorsi 1.017 anni dalla dipartita, a Grottaferrata, di San Nilo di Rossano (“ Ὁ Ὁσίος Νεῖλος ὁ Νέος ”, San Nilo il Giovane), “il più illustre figlio di Rossano” (Fracois Lenormant): asceta, santo, intellettuale organico, profeta, dalla lunga e operosa vita (novantaquattro anni!, nonostante i tempi drammatici e nonostante le privazioni, le sofferenze, il costante migrare e un attivismo senza sosta e risparmio di energie).
Numerose sono le tappe del suo pellegrinaggio terreno:
a) La I tappa è Rossano, dove, dal 910 al 940, Nilo trascorre l’incipit della sua esistenza.
Qui nasce, nel 910, Nicola (il suo nome di battesimo), probabilmente dalla famiglia aristocratica dei Malèinos (“Μαλεῖνος”), imparentata con gli Imperatori o Basileis (“Basileῖ”) di Bisanzio, nel cuore della Grecìa (il quartiere orientale bizantino più antico), sulla Piazza San Nico (diminutivo di Nicola), che è la prima Piazza o Agorà di Rossano, dove ancora si conserva il primo nucleo del suo palazzo gentilizio (secondo tradizione consolidata). Nella sua città natale vive per i primi trent’anni della sua esistenza, fino al 940, e dove si costruisce una solida e vasta cultura (greca, latina, ebraica, araba) nelle Scuole presso la prima Cattedrale della città, dedicata a Santa Maria Theotòkos (“Ἡ Ἁγία Μαρία Θεοτόκος”) o Méter Theù (“Ἡ Μέτηρ Θεοῦ”) di Santa Maria della Pace (“Ἡ Ἁγία Μαρία ἡ Εἰρένη”). Si forma una famiglia, con moglie e una figlia (930). Vive gli agi e i privilegi della sua condizione sociale e partecipa al governo di Rossano.
b) La II tappa, che copre circa 13 anni, dal 940 al 952/953, si svolge quasi esclusivamente nella zona ascetica del Mercurion sulle pendici dei monti Pollini.
Nel 940, a trent’anni, sente la forte chiamata del suo Dio, che lo induce alla “fuga mundi” e alla scelta esclusiva e radicale di dedicarsi a Lui, perciò rinuncia a tutto (ricchezza, potere, privilegi, famiglia, città natale) e si rifugia nei monasteri del Mercurion, ubicati a ridosso dei non lontani monti Pollini (ai confini tra le odierne regioni della Calabria e della Basilicata). Ma il suo proposito è contrastato strenuamente dalla famiglia e dal Governatore (Stratigòs) bizantino della Calabria e, perciò, è costretto a lasciare quei luoghi sacri e a rifugiarsi subito nel Monastero di S. Nazario nel Salernitano, dove soggiorna per quaranta giorni. Cessato il pericolo, fa ritorno sul Mercurion, dove si fa monaco eremita o anacoreta nell’Oratorio di S. Michele Arcangelo (“τὸ Οἰκητήριον τοῦ Ἁγίου Ἁρχιστρατήγου Μιχαήλ”), presso l’odierna Orsomarso. Qui alterna il più rigoroso ascetismo, la solitudine in compagnia esclusiva del suo Dio, lo studio e la trascrizione delle opere della sapienza cristiana e pagana antica in centinaia di codici di eccellente fattura e in elegante scrittura niliana (dal Nostro inventata), alcuni dei quali ci sono pervenuti (e si trovano nella Biblioteca del Monastero di S. Maria di Grottaferrata). Ma la fama di santità si diffonde ben presto ed è inevitabile per lui dovere accettare qualche proselito: il concittadino “Beato Stefano” è il primo discepolo, anzi “compagno ed emulo” di Nilo; il “Beato Giorgio” è il secondo discepolo, uno “dei primi e nobili signori della città” (forse appartenente alla famiglia degli Amarelli); il “Beatissimo e santissimo Proclo” da Bisignano, il terzo discepolo Nilo, che verrà eletto Egumeno del Monastero di Sant’Adriano (960); Arsenio (probabilmente di Rossano), calligrafo e miniaturista, segue il Maestro nei numerosi spostamenti futuri; il “calligrafo Neofito”; Paolo (forse di Rossano), segue il suo maestro, fino a Grottaferrata, dove, alla morte di Nilo (1004), gli subentra alla guida della Comunità niliana di Grottaferrata ed il primo Abate del Monastero.
c) La III tappa, che si svolge, in circa trent’anni dal 952/953 al 982, è vissuta da S. Nilo nei monasteri da lui fondati nel Nord-Est della Calabria.
Nel 952/953 lascia i monti Pollini e il Mercurion per trasferirsi in una sua proprietà nulla collina non lontana da Rossano, dove si raccolgono attorno a lui numerosi discepoli e dove fonda il suo primo Monastero, dedicato a S. Adriano (“Τὸ Μοναστήριον τοῦ Ἁγίου Ἁά”) nell’attuale cittadina di S. Demetrio Corone (è il primo di otto Cenobi). Da questa località si sposta spesso nella sua città natale e sulla Montagna Santa o Oros Aghion (“Τὸ Ὄρος Ἄγιον”) o zona ascetica della sua Rossano, dove risiede a lungo, alternando il suo soggiorno e la sua attività religiosa e pratica tra le due aree del territorio della Calabria del Nord-Est, per circa trent’anni, fino al 982 circa. A Rossano fonda ben quattro Monasteri. Dentro la città il Monastero femminile di “S. Anastasìa” (“Τὸ Μοναστήριον τῆς Ἁγίας Ἀναστασίας”), con l’attiguo omonimo Oratorio, destinato all’accoglienza di giovanette, vedove, donne sole, non auto-sufficienti e affidato alla guida della sua maestra-discepola la Badessa S. Theodora di Rossano (oggi il primo è un palazzo privato e il secondo, dal ‘400, cambia il nome in S. Marco). Fuori della città, i Monasteri di “S. Giovanni Battista” (“Τὸ Μοναστήριον τοῦ Ἁγίου Ἰωάννης Βαβτίστας”) o “Santu Janni” sopra la contrada di Forello, maschile (diruto), di “Gesù Cristo il Salvatore” (“Τὸ Μοναστήριον τοῦ Ἰησοῦ Χριστοῦ Σωτῆρος”) sopra la contrada di S. Maria delle Grazie, maschile (diruto), dell’Arinario” (“Τὸ Μοναστήριον τοῦ Ἁρινάριυ”) o di “S. Opoli” nella zona Ceradonna sulle pendici orientali della Sila, maschile e femminile (diruto), e infine quello montano non lontano da questo di S. Maria Rochoniate, che sarà il primo nucleo del famoso Monastero del Patìr o Patìre o Patìrion, rifondato dopo oltre un secolo da S. Bartolomeo da Sìmeri (1090-1105). Nei suddetti Monasteri Nilo attua la Riforma del Monachesimo calabro-bizantino-greco-mediterraneo, detto impropriamente “basiliano” e invece propriamente “niliano”, in senso eremitico-cenobitico e in senso contemplativo-operativo. Egli, in queste località e in questi anni, intrattiene rapporti con i potenti del suo tempo: il “parakimòmenos Giuseppe Bringas” (il principale consigliere del “Basileus” di Bisanzio); gli “Strateghi” o Governatori politico-militari del “Thema” o Provincia bizantina di Calabria-Basilicata-Puglia residenti a Rossano, “Basilio”, “Eufràsio” (Giudice imperiale), “Niceforo Foca Hexakionites” (“Magìstros” dell’Italia bizantina); persino con l’Emiro saraceno e musulmano di Palermo “Abùl el Kasém”, con i Metropoliti della Calabria. Soccorre i poveri e gli indifesi e condivide le sofferenze dei suoi concittadini durante un grave terremoto che si abbatte su Rossano (968). Rifiuta per umiltà il Vescovato di Rossano per essere fedele alla sua scelta di umile monaco, “monacello”(976). Salva i suoi concittadini e la sua città dalle spietate ritorsioni di “Niceforo Foca Hexakionites”, comandante delle forze militari bizantine, inviato a Rossano dal Basileus di Bisanzio per la riconquista della Sicilia (976); allora i Rossanesi si rendono protagonisti della distruzione della flotta bizantina nel porto-arsenale di Rossano (noto con il nome di “Ruskìa”, “Ρουσκία”, o “Ruskiané”, “Ρουσκιανή”).
d) La IV tappa si svolge, dal 982 al 994, lontana dalla sua terra d’origine.
Quando Rossano passa sotto il dominio del Sacro Romano Impero Italo-Tedesco (981-982) e ospita l’Imperatore Ottone II di Sassonia, con la sua Corte (e la moglie Theofania, il figlio e futuro Imperatore Ottone III, il loro primo Consigliere Giovanni Filàgato, Rossanese e futuro Papa Giovanni XVI) e il suo esercito (poi sconfitto dai Saraceni islamici a Stilo), S. Nilo lascia, poco dopo, la sua terra ed emigra verso nord, nelle regioni latine e cattoliche. Prima, si reca in Campania, per poco tempo, presso il Principato di Capua. Successivamente, e per più di dieci anni, soggiorna nel Lazio nei pressi del Monastero benedettino di Montecassino (oggi in provincia di Frosinone), dove fonda il suo sesto Monastero, quello di S. Michele Arcangelo di Vallelucio (“Τὸ Μοναστήριον τοῦ Ἁγίου Ἁρχιστρατήγου Μιχαήλ τοῦ Βαλλελούκιου”, ora S. Elia Fiumerapido), con oltre 60 proseliti monaci, tra i quali il concittadino S. Bartolomeo il Giovane (“Ὁσίος Βαρωλομαῖος ὁ νέος”), suo discepolo prediletto, autore del “Bìos” (“Βίος καὶ πολιτεία τοῦ ὁσίου πατρὸς ἡμῶν Νείλου τοῦ Νέου”) o “Vita di S. Nilo”, e co-fondatore della Badia di Grottaferrata. Altri discepoli noti sono: Ciriaco, calligrafo, proveniente dalla zona ascetica del Mercurion; “il figliolo di sua sorella” (“ὁ υἱός τῆς ἀδελφῆς”), ma ne ignoriamo il nome; Neofito (probabilmente di Rossano); il “beato Luca” etc. Nelle nuove terre e tra le nuove popolazioni Nilo continua la sua missione e la sua opera religiosa di ri-evangelizzazione in senso bizantino-greco.
e) La V tappa si svolge sempre nel Lazio, tra Gaeta e Roma, per circa dieci anni, dal 994 al 1004.
Quando l’Abate latino di Montecassino entra in un contrasto insanabile con la comunità monastica bizantino-greca di S. Nilo, questi riprende la sua migrazione verso nord e si reca presso il Ducato di Gaeta (oggi in provincia di Latina), dove si trasferisce negli ultimi anni della sua vita e dove fonda il suo settimo Monastero, quello di Gaeta (“Τὸ Μοναστήριον “τῆς Γαῖτας”), detto di Serpèri o Seràpide o Sàrapo. Da Gaeta si sposta spesso nella non lontana Roma (998) per incontrare Ottone III di Sassonia, Imperatore del Sacro Romano Impero (lo re-incontrerà a Sèrperi nell’anno 1000), il Papa e cugino del sovrano Gregorio V, il Papa suo concittadino (e forse suo ex discepolo) Giovanni XVI Filàgato (l’ultimo Pontefice meridionale della Chiesa: 996-997), che tenterà di salvare dall’azione congiunta persecutoria dell’imperatore e del papa tedeschi.
f) La VI e ultima tappa si svolge, negli ultimi mesi della sua esistenza, presso Grottaferrata (dalla primavera al 26 settembre 1004).
Dopo un soggiorno presso il Monastero greco di “S. Anastasio alle tre Fontane” a Roma, ottiene dal Principe Gregorio di Tusculum il rudere dell’antica villa della “Cryptaferrata” (dove verosimilmente sorgeva il “Tusculanum” di Cicerone) e il territorio circostante, non lontani dalla Città eterna, presso i quali avvia la costruzione della Chiesa e del suo ottavo Monastero, dedicati a “S. Maria Theotokos di Grottaferrata” (”ἡόῆἉγία Μαρία Θεοτόκου  ἡ”), che saranno ultimati da S. Bartolomeo nel 1024 (intorno al Monastero da allora sorge la bella città omonima, oggi in provincia di Roma). Nilo muore al tramonto del 26 settembre 1004 (“… con il sole tramontò il sole”, scrive il suo biografo Bartolomeo), proferendo queste ultime parole: “seppellitemi nella nuda terra, perché i migranti possano riposarvi, in quanto anch’io fui migrante (“έ”, xénos) per tutti i giorni della mia vita”.
Quando Bartolomeo, secondo la sua volontà, viene sepolto accanto al suo maestro Nilo, le loro spoglie, poste sotto l’altare della Cappella nel 1131 (dal rossanese abate Nilo II), sono per lungo tempo esposte alla venerazione dei fedeli; le reliquie vengono conservate fino al 1300 (e la cosa è documentate); successivamente in data e per motivi sconosciuti, forse qualche monaco a noi ignoto, temendo azioni vandaliche da parte dei tanti eserciti e bande che funestano il territorio del Lazio e volendo preservare per le future generazioni le spoglie dei SS. Nilo e Bartolomeo, ha trasportato altrove oppure ha nascosto così bene i resti dei fondatori della Badia che ancora non sono stati trovati, nonostante le numerose ricerche fatte.

Nilo, a differenza dei tanti anonimi della storia, ha vissuto una vita intensa, ha lasciato segni incancellabili di cambiamento a servizio degli uomini-persone e, perciò, resta sempre vivo nella memoria individuale e collettiva, con una meta-storicità e un’attualità sconcertanti. Infatti, egli è stato riconosciuto dall’arcivescovo Girolamo Pignatelli, fin dal 1618, Com-Patrono di Rossano (insieme a Maria Theotòkos Achiropìta). La città di Rossano, sia pure tardivamente, smentisce il detto evangelico che “nemo profeta in patria” e dedica a S. Nilo e a S. Bartolomeo una chiesa nel 1620: promotori il sindaco “Geronimo Britti” e l’arcivescovo Ercole Vaccaro con una colletta popolare e con il patrocinio e un consistente finanziamento della principessa di Rossano Olimpia Aldobrandini (della quale si conservano in chiesa due stemmi lapidei gentilizi). Il primo storico di Rossano, Carlo Blasco (sec. XVII), ci informa che la chiesa viene edificata nella “piazza dell’Arringo, dove gli antichi Greci” (Bizantini) “giostravano, oggi volgarmente detta Loringo”; alla fine dell’800 viene decurtata per allargare l’attuale corso Garibaldi. La chiesa ora è dedicata soltanto a S. Nilo da quando nel 1960 è stata edificata la chiesa di S. Bartolomeo sui ruderi dell’oratorio bizantino di S. Biagio di Vale. Poi, nel 1958, Papa Giovanni XXIII dichiara S. Nilo Com-Patrono della Calabria (insieme a S. Bartolomeo di Rossano e S. Francesco di Paola). La sua festa patronale cittadina viene stabilita il 26 settembre con Delibera della Giunta Municipale n. 883 del 4-9-1989, promossa dallo scrivente. Inoltre, è Patrono di Grottaferrata, è anche Patrono di Gaeta, e, dal 25-9-2012, “Cittadino gaetano benemerito” (“civis cajetanus”), al quale è dedicata, il 16-9-2010, l’omonima chiesa parrocchiale, che, il 16-9-2014, viene elevata a Santuario di S. Nilo (il primo in assoluto). Nel 1986 dà il suo nome all’antico e prestigioso Liceo Classico di Rossano, in occasione della celebrazione a Rossano del primo Congresso Internazionale di Studi dedicato a S. Nilo.
Nilo è l’uomo della testimonianza della scelta radicale, perché vivere non è lasciarsi vivere, lasciarsi trascinare dalla corrente conformistica delle mode e delle tendenze della propria epoca, ma imboccare la propria strada esistenziale, con la consapevolezza, la libertà e la responsabilità che la vita è missione e servizio. Egli sceglie Dio, convinto che la fede è dialogo con l’Assoluto, amore personale e diretto, che richiede, da cristiano coerente, l’esclusività di quel rapporto e la rinuncia ai valori e dis-valori del mondo (status sociale, ricchezza, potere, famiglia). Ma la sua non è una fede devozionale, intimista, rituale e, perciò, egocentrica, egoista, estranea alla storia e all’umanità, bensì è la fede-agàpe, comunitaria, associata, solidale, condivisa, donata, è la fede-carità del farsi prossimo: non si ama né si serve il proprio Dio se non si ama e non si serve l’umanità di cui si è parte integrante. Egli ama e serve l’umanità dolente, quella che vive nel bisogno e nella marginalità, quella che subisce i soprusi dei potenti e dei prepotenti, quella della sua Rossano e del suo territorio per 40 anni, e quella della Campania e del Lazio per gli altri 22 anni.
Nilo è l’uomo della testimonianza della Riforma religiosa del Monachesimo italo-bizantino-mediterraneo, conciliando l’Anacoretismo del rapporto eremitico-personale-solitario uomo-Dio con il Cenobitismo del rapporto comunitario-solidale-condiviso uomo associato-Assoluto, la vita contemplativa o “bios theoreticòs” (“ὁ βίος εορετικός”) con la vita operativa o “bios praticòs” (“ὁ βίος πρακτικός”), il pensare o “léghein” (“λέγειν”) con il fare o “pràttein” (“πράττειν”) e, soprattutto, la fede con la vita.
Nilo è il fondatore di numerosi Monasteri, sopra ricordati. Questi Cenobi niliani, insieme ad altri del Sud Italia, sono protagonisti e artefici di cambiamento e rinnovamento in quei “secoli di ferro” drammatici. Infatti, sono i luoghi di intensa religiosità ascetica individuale e associata, di “metànoia”, ossia di rinnovamento e perfezionamento spirituale fino alla santità. I Cenobi niliani sono le sedi esclusive di “Scriptoria” (assenti nel mondo laico), ossia le case editrici ante litteram, dove oscuri colti monaci amanuensi, trascrivendo gli antichi testi, salvano dalla distruzione e dall’oblio l’eredità delle Civiltà e delle culture laiche greche e mediterranee, e nel suo “Scriptorium” Nilo, in oltre sessant’anni di attività di copista, è autore di innumerevoli codici, vergati da lui con una sua scrittura minuta, chiara, nuova, originale: di questi ci restano soltanto tre testi autografi, databili intorno al 965 ed esemplati in uno dei cinque suoi monasteri della Calabria e conservati nella biblioteca del Monastero di S. Maria di Grottaferrata. I Monasteri niliani sono gli archivi delle memorie storiche precedenti attraverso la costituzione di grandi Biblioteche, fondamenti dell’Umanesimo-Rinascimento e delle future Civiltà moderne. Sono, anche, i centri economici e sociali (le aziende agricole religiose del tempo) in sostituzione delle città (in un mondo de-urbanizzato e ruralizzato), dove le popolazioni disorientate e terrorizzate trovano le condizioni e le opportunità di ospitalità, di lavoro, di vita. Sono, inoltre, i soggetti sociali – gli unici in quel tempo – di difesa e protezione dei diritti elementari dei poveri e dei subalterni. Sono, infine, le riserve di energie spirituali e morali alle quali la Chiesa attingerà nei secoli successivi e sulle quali costruirà il suo prestigio e la sua autorevolezza.
Nilo è l’uomo della testimonianza dell’importanza della Cultura, segnatamente nei periodi burrascosi e quando le coscienze individuali e collettive sono disorientate e sbandate, perché la cultura è valore, risorsa, finalità: è valore perché in essa si esprimono i principi dell’Umanesimo (teista, laico, ateista), ossia la creatività, l’intelligenza, i sentimenti, l’autonomia critica, la vision della realtà e del futuro, il senso e il progetto di vita dell’uomo singolo e associato, in questi valori riconosciuti e condivisi si ritrovano comunità e popolo, perché essi ed essi soltanto fanno autentica coesione sociale e danno unità di identità, di appartenenza, di fierezza; è risorsa perché è in grado di produrre la risorsa economica immateriale più grande in assoluto, quella universalmente valida, quella che non è mai soggetta alle variabili del mercato, è il capitale umano, il capitale intellettivo, il capitale delle capacità e delle professionalità; è finalità di ogni ambizioso progetto di sviluppo endogeno, auto-propulsivo e sostenibile per l’oggi e per il domani, che punti su una società a misura d’uomo, più giusta, più eguale, più fraterna, più solidale, più pacifica, più rispettosa della vita e dell’ambiente.
Nilo è l’uomo della testimonianza della “Mediterraneità”, ossia della Civiltà e della cultura mediterranea greco-bizantino-cristiana, che, arricchitasi e perfezionatasi nel Mezzogiorno d’Italia, in Calabria e segnatamente a Rossano, rappresenta il contributo originale, qualificante e il fondamento della Civiltà europea e contemporanea, sintesi di culture e sensibilità diverse.
Nilo è l’uomo della testimonianza dell’Unità e dell’Ecumenismo, impegnato costantemente, da Cristiano bizantino-greco, nel dialogo, mediante il rispetto e l’apertura, e tra eguali, con i credenti e le persone dei tre Monoteismi del Mediterraneo: i Cristiani (latino-cattolici e greco-ortodossi), i Musulmani-islamici, gli Ebrei-giudei. Il suo messaggio di appello all’unità e alla solidarietà tra diversi, ma aventi in comune principi e valori condivisi, oggi, in cui ritornano a spirare venti inquietanti di divisione, di intolleranza, di razzismo, di odio, è di un’attualità cogente, che ci richiama alla responsabilità di trovare le ragioni dello stare insieme.
Nilo è l’uomo della testimonianza della profezia dell’Unità dei Cristiani, resa visibile con l’apposita fondazione del Monastero di “S. Maria di Grottaferrata” (co-fondato con il suo discepolo prediletto e concittadino S. Bartolomeo), quale luogo e laboratorio di idee, d’incontro, di dialogo, di sintesi tra le due anime del Cristianesimo, quella orientale-mediterraneo-greco-bizantina e quella occidentale-europeo-latino-cattolica, in rottura o in autonomia fino ad oggi in seguito allo scisma del 1054. Grottaferrata e – si potrebbero aggiungere – Rossano e Gaeta sono luoghi ottimali deputati dell’Ecumenismo, artefici attivi nel promuovere iniziative qualificanti per individuare principi, valori e strategie al fine di avvicinare, ancora di più e meglio, le posizioni del Cattolicesimo e quelle dell’Ortodossia, in vista dell’auspicabile ricostituzione dell’unità fra i Cristianesimi.
Nilo è l’uomo della testimonianza-simbolo del migrante calabrese o meridionale, che, per costrizione del bisogno o per pulsione o per libera scelta di éxodos (“ἔξοδος”), si mette in viaggio e va altrove, va oltre, oltre ogni confine, alla ricerca di nuove opportunità e condizioni di vita, accettando – con coraggio – la sfida della novità e fiero di portare nel bagaglio la sua identità operativa, la sua Calabresità, la sua Meridionalità, la sua Mediterraneità. S. Nilo è, dunque, la personificazione del Calabrese/Meridionale migrante e/o pellegrino della Verità: un simbolo, una metafora che ha saputo cogliere il più grande scultore del ‘900, Pericle Fazzini, in un pregevole bozzetto, che l’Amministrazione comunale ha voluto realizzare, con i fondi dell’Area Urbana Rossano-Corigliano (nel 2010-11, quando lo scrivente era Sindaco della città), nella fontana di Piazza Steri a Rossano, nella quale Nilo l’emigrante, pellegrino della Verità, s’incammina da Rossano per Grottaferrata, portando con sé e nel mondo la Civiltà bizantino-greco-mediterranea e quella dell’olio (rappresentate rispettivamente dall’Oratorio del S. Marco e dall’ulivo secolare “dolce di Rossano”).
Nilo è l’uomo della testimonianza di un “exemplum”, di un modello di riferimento, valido mille anni fa e ancora attuale: è il modello del coraggio della scelta del “pensiero forte” solidale e tollerante, dei principi e dei valori forti; è il modello della fedeltà a quella scelta del pensiero forte, dei principi e valori forti; è altresì il modello della coerenza comportamentale tra ciò che si pensa, ciò che si dice, ciò che si fa.
Un “exemplum” universale ed eterno che caratterizza tante persone e tanti cittadini onesti e operosi rimasti nella loro terra, non sempre apprezzati e difesi, non sempre gratificati nella propria città e nella propria terra (“nemo profeta in patria”), ma paghi di aver fatto la propria parte e il proprio dovere, di avere lasciato tracce di sé e di avere contribuito a costruire un mondo migliore per quelli che verranno. Di queste persone-cittadini esemplari – oggi, qui ed ora – la società e i giovani hanno bisogno, per non perdere, anzi per ritrovare e consolidare la fiducia e la speranza nel futuro.
Auspico che i miei Concittadini della nuova unica città di Rossano-Corigliano (chiamati, da due anni, a vivere e operare insieme nel futuro), dell’Arcidiocesi di Rossano-Cariati e della Calabria del Nord-Est facciano memoria del “più illustre figlio” di questa terra, memoria operativa, in questo momento storico molto difficile, in cui questo Comprensorio è oggetto continuo di ingiustificabili e ciniche spoliazioni e rapine (sanità, ospedali, tribunale, treni, uffici pubblici; e, in cambio, hanno lasciato disoccupazione, fuga dei giovani e dei cervelli, rifiuti, la famigerata SS. 106, le pericolosissime trivellazioni, la ‘ndrangheta), non è rappresentato a nessun livello, è sfiduciato e rassegnato, e perciò ha bisogno – un bisogno vitale e urgente – di recuperare la propria unità-identità di appartenenza e di territorio, la fierezza propria dei Calabresi, la capacità di resistenza e di reattività, il coraggio di accettare la sfida delle novità per una nuova riaggreggazione del territorio, perché non muoia la speranza e si alimenti la fede-convinzione-certezza che ce la possiamo fare… se ci crediamo e ci adoperiamo.

Rossano, 26/09/2021
Francesco Filareto

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