Rossano, in piazza contro lo Stato che uccide lo Jonio

assistenti fisiche

ROSSANO L’esasperazione impera. Non se ne può più. Troppi colpi contro una città che ha perso tutto in un batter d’occhio. Principale responsabile: lo Stato. Questa mattina tutti in piazza ad urlare contro la scelta di sopprimere il centro medico legale dell’Inps,  contestabile sotto il profilo dei criteri e dei numeri. Dopo il tribunale ora si sopprime il centro medico legale dell’Inps, punto nevralgico per tutta la Sibaritide costretta, anche in tema di previdenza, a riversarsi su Cosenza. E lo dovranno fare i meno abbienti, chi è su una sedia a rotelle o chi ha problemi a deambulare per essere sottoposto a visita per accompagnamento e/o pensionistica. E’ uno Stato senza scrupoli, che emette provvedimenti senza conoscere il territorio. Così come è accaduto per il tribunale di Rossano, la cui soppressione ha determinato a cascata la chiusura, di fatto dell’Inps. Organizzazioni sindacali (Cgil-Cisl-Uil) e di categoria si sono dati appuntamento alle 10 presso l’area antistante il presidio previdenziale del Traforo, nel centro storico. S’interviene in violazione ai principi costituzionali, così come ha ribadito nelle ultime ore il Gruppo d’Azione per la Verità sul tribunale di Rossano che ha puntato il dito contro i giudici della Corte Costituzionale e il ministro della giustizia rei di aver calpestato almeno 10 articoli della Costituzione. Il Gav parla di applicazione delle leggi dello Stato e di necessaria revisione della carta costituzionale da rivedere anche nella parte in cui politicizza Consiglio Superiore della Magistratura e Corte Costituzionale. “Occorre una netta separazione dei poteri”.
“Non è un caso se il Presidente della Repubblica si ostina nel continuare a ignorare la richiesta del GAV di essere ricevuto democraticamente al Quirinale al fine di chiedere semplicemente quali siano stati i criteri adottati dal legislatore nel decidere la soppressione del Tribunale di Rossano, rispetto agli altri tre a rischio (Lamezia, Castrovillari e Paola) tutti decisamente meglio collegati logisticamente con i capoluoghi di provincia (lo spirito della norma prevedeva la soppressione dei tribunali cosiddetti minori accorpati alle sedi capoluogo). E chissà perché poi il tribunale di Rossano accorpato a un tribunale incapiente di una città più piccola per giunta non capoluogo di provincia! Osservazioni che determinano indignazione se si aggiungono le gravi denunce che introducono a severi sospetti circa la presunta alterazione di relazioni, la produzione di carte false, e il famoso gioco delle tre carte (in una sola notte si decise per la chiusura di Rossano). A tutto ciò né il Capo dello Stato, né il CSM, tanto meno il Guardasigilli, forniscono risposte”. La Corte Costituzionale si esprime positivamente sul decreto legislativo n.155 del 2012 (chiusura del tribunale di Rossano) nella parte in cui parla di “risparmio di spesa e di incremento di efficienza” sulla base di un’articolata attività istruttoria. La stessa Corte rigettava la richiesta di referendum popolare abrogativo presentata da ben 9 Consigli regionali (tra cui la Calabria) sulla riforma della geografia giudiziaria, dichiarando l’inammissibilità. Orientamenti quasi scontati se si pensa che spesso i giudici della CC si allienano alle volontà del governo pro tempore. L’aspetto che desta sconcerto riguarda l’inosservanza di ben 10 articoli della Costituzione italiana nel dare attuazione al decreto legislativo n.155 del 2012. “Occorre precisare a tal punto che il giudice delle leggi circa la chiusura del Tribunale di Rossano si è pronunciato solo con Ordinanza n°15/2014 ed il thema decidendum riguardava esclusivamente la violazione degli artt. 3, 24, 25 e 76 della carta costituzionale. Considerato tuttavia che la chiusura del Tribunale in questione non è avvenuta in ossequio e nel rispetto del dettame normativo, tanto che s’ipotizza l’esistenza di “carte false” e di azioni irregolari, allora diviene palese che la manovra di chiusura non appare ispirata al principio democratico di cui all’art. 1 della Costituzione. Ci si chiede se i cittadini dello Jonio cosentino siano stati considerati di pari dignità sociale e se agli stessi venga garantito il pieno sviluppo della propria personalità di cui all’art. 2, 3 e 4 della Cost. ritenuto che tutte le categorie professionali sono state colpite dalla norma di chiusura del presidio di giustizia e costretti in molti a rinunciare alla propria professione, in primis gli avvocati, ma non solo. Si tratta anche di tutti quei professionisti che in veste di CTU o periti, frequentavano il Tribunale e che per ragioni di distanza e di inefficienza sono stati costretti ad abbandonare parte della loro professione (ingegneri, commercialisti, medici etc.). Le più colpite restano le professioniste madri, quelle soprattutto con bambini piccoli, le quali già non potendo contare su strutture di protezione (cfr art. 37² Cost.in combinato disposto con l’art. 31²), quali gli asili nido, così carenti nel vasto territorio dell’ex circondario del Tribunale di Rossano, né sulla possibilità di avvalersi di figure professionali, se non di improvvisate babysitter, sono state costrette a ridimensionare drasticamente le proprie ambizioni professionali. Inverosimile poi la scarsa considerazione da parte dello Stato riguardo gli effetti che può produrre un provvedimento, come nel caso di ben 18 lavoratori della vigilanza che si son visti costretti a sciogliere la cooperativa da costoro creata, con estremi sforzi e sacrifici e che a causa di un GOVERNO si ritrovano senza occupazione dopo trent’anni di attività. Si tratta di maestranze, monoreddito, padri di famiglia, in età avanzata e senza un futuro. Lo Stato quindi, anziché promuovere occasioni di lavoro si adopera in senso opposto. Né si può parlare di “risparmi” perché a conti fatti con l’accorpamento a Castrovillari le spese risultano incrementate”. Nel corpo del documento del Gav si motivano le ragioni delle violazioni costituzionali.

(fonte: La Provincia di Cosenza)

 

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