Qualcosa di nuovo sotto il sole di Cariati

cariati

di PASQUALE LOIACONO
“Santa” è l’aggettivo, di genere femminile, che anteponiamo all’onomastica della sindaca Filomena Greco. Ovviamente è una figura retorica utilizzata per arricchire, senza annoiare, chi ci legge.
Si tratta, e perdonateci il tono pseudo – accademico, della “antifrasi”, un grecismo che indica “espressione contraria”. Insomma, si afferma l’opposto di quello che s’intende dire. Lo scopo, almeno per ora, è chiaramente ironico e non prende di mira la neo prima cittadina. Dunque, “santa” Filomena non è una “santa”, semplicemente perché non ha adottato, nei suoi primi 50 giorni di governo civico, nessun accorgimento che è prerogativa unica dei beati e di cui è, naturalmente priva.
Santa Filomena Greco è una donna normale, circondata da persone normali (la sua squadra di governo) che stanno riportando Cariati alla normalità: un fatto epocale che a queste latitudini ha, appunto, il sapore della straordinarietà e, quindi, dell’evento prodigioso che non ha niente a che fare coi fenomeni sovrannaturali.
Ora, stiamo coi piedi per terra.
Cariati ed i cariatesi discendono da almeno tre lustri di malessere, smarrimento e decadenza senza eguali. Il colpo di grazia lo ha inferto il predecessore di santa Filomena: Filippo Giovanni Sero. Egli è riuscito nell’ardua operazione di ridurre un territorio magnifico come il nostro alla stregua di un remoto villaggio, sia detto con il dovuto rispetto per quelle popolazioni infelici, da terzo mondo. Poi arriva lei, santa Filomena, sostenuta da un’incredibile “voglia” di cambiare. Ed eredita un fardello pesantissimo: il Comune non ha un centesimo, mentre i debiti milionari abbondano.
Che fare? Di cosa hanno bisogno i cariatesi se non dei servizi più elementari e di una sana dose di fiducia ed entusiasmo? E come fare?
La squadra di santa Filomena si rimbocca le maniche ed inizia il “viaggio” promesso alla gente. I problemi sono quelli di due mesi fa, ma la volontà di potenza permette di superarli. Ed ecco la Cariati che non t’aspetti: non si vedono più cassonetti stracolmi di maleodorante spazzatura per i quali siamo finiti finanche sui TG nazionali; gli ingombranti, a richiesta, e gratuitamente, sono smaltiti quotidianamente; le spiagge sono linde sino all’inverosimile; non c’è più alcun quartiere al buio; il centro storico, di per sé uno scenario stupendo, è ridiventato un gioiello. Il costo? Zero, o giù di lì. L’impegno? Costante e ad alta tensione: mai abbassare la guardia.
Ed allora vien da chiedersi: ma perché ci hanno fatto passare anni ed anni di autentica passione se bastava così poco per renderci minimamente orgogliosi della nostra appartenenza? Perché ci hanno consegnato alla storia degli ultimi anni come la cenerentola del Basso Jonio cosentino? Certamente, problemi strutturali come il colabrodo della rete idrica; la rete viaria sconvolta; la programmazione di una seria raccolta differenziata dei rifiuti; la messa in sicurezza dei corsi d’acqua e degli edifici pubblici, e tante altri drammi, richiedono tempo, capacità e risorse. Ma per adesso, invasi come siamo dalla folla festosa dei vacanzieri, va bene aver ridato un’immagine dignitosa a Cariati. Il resto verrà da sé, sempre che il buongiorno si veda davvero dal mattino.
Per finire, qualcosa di nuovo c’è sotto il sole di Cariati, anche se l’umanità si ripete continuamente nel bene e nel male fin dai tempi di Adamo ed Eva: i soli che abbiamo saputo compiere un peccato veramente originale.
Buona estate. A Cariati, naturalmente.

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