Omicidio Portoraro, fondi in arrivo e appetiti della mala

Il luogo del delitto, nel riquadro una vecchia foto di L. Portoraro

Tanti gli interessi economici della Sibaritide che potrebbero fare da cornice all’uccisione del 63enne cassanese Leonardo Portoraro, il presunto boss di Francavilla Marittima ritenuto, negli anni Ottanta, affiliato al clan Cirillo. Un delitto efferato consumato a colpi di kalashnikov che, per le modalità, lascia ben pochi dubbi sulla matrice mafiosa. I magistrati della Dda di Catanzaro, guidati dal Procuratore capo Nicola Gratteri e dall’aggiunto Vincenzo Luberto, dovranno ricomporre un puzzle che lascia aperte varie ipotesi: da un vecchio regolamento di conti alle nuove “ambizioni” della mala, pronta a mettere le mani su affari che fanno gola. E, in questo contesto, vi potrebbe essere chi temeva un “ritorno in auge” del presunto boss, negli ultimi anni uomo libero (aveva scontato delle condanne in carcere per associazione mafiosa e altri reati; era stato assolto dall’accusa di essere il mandante del duplice omicidio di Alfredo Elia e Leonardo Schifini, nel 1993) dedito anche ad attività nel settore edile. Questa fetta di territorio sarà presto interessata da considerevoli interventi pubblici, tra cui gli investimenti stanziati per il 3° Macrolotto della Strada Statale 106 jonica tra Sibari e Roseto Capo Spulico, pari a un miliardo e 335 milioni di euro. Cifra sicuramente in grado di stuzzicare gli appetiti della criminalità organizzata.

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