L’INTERVENTO. Il Sud, il big push e le chiacchiere inutili

Avv. Luigi Fraia

Pare che il Sud stia entrando finalmente nella discussione politica nazionale, ed è una cosa importante perché a dire il vero era da tempo che mancava un dibattito serio e fondato sull’utilizzo di risorse che sono prodromiche a qualsiasi ragionamento utile a poter tentare di cambiare una situazione che vede un gap evidente del nostro territorio in confronto ad altre zone dell’Italia.

Il tema sul tavolo è quello dei fondi del recovery found e in particolare del cosiddetto “big push” cioè i soldi dell’unione europea che dovrebbero essere messi a disposizione per il meridione.

La mente corre agli ultimi interventi rilevanti avuti, e si pensa alla Cassa per il mezzogiorno e al fatto che con essa sono nate inizialmente strade e altre infrastrutture, ma poi il tutto peggiorò per l’uso distorto che alcuni soggetti ne fecero, e nacquero quelle opere che negli anni cinquanta Luigi Sturzo chiamò come costose  imprese industriali pagate dello Stato e che non servivano al bene della collettività.

Poi negli anni 60 cambiò la gestione della Cassa, e si passò da quella nazionale a quella decentrata e questo ne decretò man mano la fine e negli anni 80 ci fu la liquidazione di quello strumento che doveva dare sviluppo ad aree arretrate e disagiate, ma che era diventato un carrozzone anche di cattedrali nel deserto.

Ora si dovrebbe far tesoro dagli sbagli commessi, e il passato dovrebbe essere d’esempio, poichè gli attuali  fondi europei – con un debito pubblico nazionale che aumenta – potrebbero essere l’ultima possibilità per il nostro territorio, che è stato sacrificato a discapito di altre zone del sud, che pur qualcosa hanno visto e realizzato, pur nelle difficoltà testè ricordate in grandi linee.

Ecco che per far convogliare finanziamenti nella nostra zona occorrerebbe coinvolgere persone competenti, per capire e poi realizzare i progetti prioritari di cui abbiamo bisogno, e soprattutto far pesare la dimensione acquisita con il referendum di fusione di Corigliano e Rossano, mentre si nota un silenzio assordante su una questione di fondamentale importanza e sulla quale si dovrebbe far pesare la fusione; e ci si perde in questioni spesso inutili e locali, che non hanno una visione generale e nazionale.

Nello stesso tempo, sono rimasto colpito da un recente sondaggio pubblicato da un autorevole quotidiano nazionale, sul rapporto tra cittadini e la democrazia, elaborato su tre livelli (volontari, opinion leader, e interviste a soggetti rappresentativi della popolazione), dal quale si evince una palese distacco dalla democrazia, in quanto si sarebbe delusi da tale forma di governo, e che si vorrebbe sperimentare qualcosa di diverso.

Ora che ci sia chi pensi a una forma di governo differente della pur difficile e facilmente criticabile  democrazia mi sembra una cosa grave e, senza disturbare Aristotele, le alternative potrebbero essere delle forme di governo che comprometterebbero la sovranità dei cittadini, e potrebbero portare a un passato non certo da rimpiangere.

Comunque la si pensi, è indubitabile che c’è un giudizio spesso negativo delle forze politiche, che per esempio: potrebbero fare capire al governo centrale che esiste una nuova realtà territoriale, che ha il diritto di avere una considerazione e un rilievo diverso da quello che ha avuto nel recente passato, evitando di limitarsi a sporadici comunicati stampa che lasciano il tempo che trovano; oltre alla amara considerazione che, delle volte, si ha la sensazione che determinati soggetti non sappiano bene qual è il ruolo fondamentale che si riveste nelle istituzioni.

Se così fosse, a pagarne le conseguenze sarebbero i cittadini, vittime innocenti della voglia di cambiare nella speranza di un futuro diverso e migliore, e che se non altro si ritroveranno a distanza di anni nella stessa medesima situazione iniziale, se non peggio.

Avv. Luigi Fraia

 

 

 

 

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