Le colpe dei padri. Racconto di Martino A. Rizzo

Girolamo Castelli, rossanese residente a Roma, importante dirigente di banca, il 15 dicembre 1955 pubblicò sulla “Nuova Rossano” un accorato articolo dal titolo “Elegia della Passeggiata” nel quale parlava di piano regolatore, di futuro della città e della distruzione della famosa passeggiata di Santo Stefano menzionata anche nella guida del Touring Club. Francesco Saverio Pisani, in un suo scritto – sempre del 1955 – a proposito dell’Ufficio Postale in Piazza Steri parlò addirittura di “Tramonto di una Piazza”.

Negli anni ’50, usciti dal secondo dopoguerra, Rossano viveva la grande frenesia di costruire nel Centro Storico, senza al contempo prevedere lo sviluppo dello Scalo in un unico disegno coordinato tra le due realtà. I prodotti di questa cattiva gestione furono gli alloggi popolari a Santo Stefano, a Sant’Antonio e al Traforo, la Caserma dei Vigili del Fuoco a Sant’Antonio, il Palazzo delle Poste a Piazza Steri, la Caserma dei Carabinieri a Santo Stefano, la Caserma della Forestale sempre a Santo Stefano, la nuova centrale telefonica vicino a San Bernardino, il Tribunale al Cozzo e la scuola media Leonardo da Vinci nella Villa Martucci, la scuola in Villa Labonia e altro ancora. Il tutto senza una visione di conservazione, valorizzazione e sviluppo del Centro Storico, senza una strategia che inquadrasse la giusta vocazione dello Scalo intravedendone fin da allora le grandi potenzialità.

 

Lo Scalo era vissuto solo come centro commerciale con grandi depositi di olio, grossisti di generi alimentari, di materiali da costruzione, officine, tutte aziende che sfruttavano logisticamente la stazione ferroviaria e la SS 106 che allora lo attraversava.
La vita doveva svolgersi nel Centro Storico e quindi non poteva essere privato dei servizi che dovevano costringere tutti, ma proprio tutti, a “salire a Rossano”. Per raggiungere questo obiettivo non era ammesso avere scrupoli in merito a distruzione del verde e alla cementificazione, veri e propri oltraggi rispetto a un’identità e una storia secolare. Distruzione del verde e cementificazione non solo per realizzare opere pubbliche.

 

Qualche anno fa, al rientro al lavoro dopo le ferie estive, chiacchierando con un collega mi raccontò che era stato a Rossano in vacanza e aveva ammirato il Codex, il Museo della Liquirizia, ma poi aggiunse: “che peccato però tutti quei palazzi che si vedono arrivando in città”. L’osservazione mi fece riflettere su questo aspetto che, avendo quei palazzi sempre sotto gli occhi, non attirava più la mia attenzione. Purtroppo però è vero che avvicinandosi a Rossano non si scopre più la vista di quell’affascinante affresco naturale con le “timpe rosse” che fin dall’antichità incantava ogni visitatore, ma i giganti di cemento che ormai nascondono il paesaggio: Villaggio Santa Chiara, il palazzone di via Porta Cappuccini, prima del bivio per Viale Santo Stefano, il palazzone 4 Stagioni, il Villaggio di Via Pigna, l’INPS. Così una città millenaria ha celato, dietro una cortina di palazzi, la sua peculiarità che l’ha storicamente caratterizzata, assistendo apatica alla fioritura del cemento armato.

Sulla “Nuova Rossano” del 30 dicembre 1964, sempre Girolamo Castelli, dopo una visita a Rossano, in un articolo dal titolo “Da San Marco a Santo Stefano. Costruzioni improprie, costruzioni abusive, Piano Regolatore”, si lamentava delle edificazioni realizzate nel cosiddetto “Orto di de Rosis” e di quelle vicine a San Marco, “un abitacolo inerpicato sul ciglio del dirupo” che occulta la vista “dell’alta vallata del Celadi e dei casini di campagna e dei vigneti delle alture circostanti”. Se fosse venuto successivamente si sarebbe potuto soffermare sulle abitazioni sorte in ogni orto e in ogni giardino privato, sulle sopraelevazioni, sui palazzi in cemento armato al Ciglio della Torre, sulle belle finestre e storici balconi trasformati in orribili balconate.

E il verde? Alfonso Rizzo nel suo articolo sulla Nuova Rossano del 27 giugno 1965 dal titolo significativo “Non considerato a Rossano il problema del verde” si soffermava sulla distruzione dei due giardini privati destinati a diventare aree per edifici scolastici affermando altresì che era certo che Rossano “non ha villa pubblica né intende averla”.

Ma di Piano Regolatore, quindi di sviluppo urbanistico pianificato, se ne parlava? Sì. Nel Consiglio Comunale del 3 aprile 1963 “furono per la prima volta dal dopoguerra segnalati i problemi relativi alla ‘formazione di un Piano Regolatore’ per lo scalo, venivano proposti i metodi per il conferimento d’incarico ad urbanisti per la sua redazione; importante furono la proposta di costruzione del nuovo Palazzo di Giustizia ….” (da P. Cetera, Nascita di una città: Rossano 1943-1970). Era sindaco Cosimo Toscano e assessore ai Lavori Pubblici Giuseppe Mascaro. Peccato che nel luglio 1964, proprio sulla questione del Piano Regolatore e sullo sviluppo dello Scalo quella Giunta andò in crisi. Sempre negli anni ’60, dopo la Giunta Toscano, tra il 1965 e il 1969 ci furono tre amministrazioni Mascaro, intervallate da tre commissari prefettizi. In quel periodo, i professionisti incaricati di elaborare un Piano Regolatore avevano previsto uno sviluppo ordinato della urbanizzazione dello Scalo e una cittadella giudiziaria nel Crosetto. Qualcosa all’avanguardia che rimase però sempre a livello di bozza chiusa in un cassetto.

Restava troppo più comodo per costruttori e speculatori muoversi liberamente senza la gabbia di un Piano che avrebbe dettato loro cosa costruire, dove e come, che avrebbe imposto le caratteristiche delle nuove strade e gli spazi per i parcheggi che ogni palazzo avrebbe dovuto avere. In questo contesto meglio accontentarsi di semplici Regolamenti Edilizi e Programmi di Fabbricazione, appena utili per una minimale pianificazione urbanistica.
Ci vollero perciò circa quarant’anni affinché il Piano venisse alla luce, quando ormai tutti i buoi erano scappati. Non che negli anni ’80 e seguenti non si cercò di rimediare, ma le scelte sbagliate, o le non scelte, che negli anni precedenti avevano inciso profondamente sul tessuto urbano, ormai erano state eseguite e non si potette far altro che interventi migliorativi assai circoscritti.

Perciò furono i fatti e gli interessi a guidare le costruzioni nel Centro Storico e lo sviluppo dello Scalo, senza una strategia e una pianificazione.
Per il comune sentire i padri sono tutti bravi, hanno sempre fatto cose buone, non ci sono responsabilità e colpe da dover addossare loro, ma solo meriti. Forse però è arrivato il momento di fare le analisi scrollandosi di dosso il buonismo di maniera e affermare che negli ultimi cinquant’anni del ‘900 i padri hanno sbagliato sullo sviluppo di Rossano. Tutti i padri, proprio tutti, nessuno escluso, quelli che hanno amministrato e quelli che hanno espresso quella classe dirigente politica e che si sono lasciati amministrare in questo modo, quelli che hanno governato la città e quelli che hanno fatto opposizione, perché se la visione mancava, mancava a tutti, a parte qualche isolata mosca bianca senza voce in capitolo.
Di sicuro ogni argomentazione è opinabile, però i ragionamenti sviluppati trovano conferma con la prova del nove che mi accingo a descrivere. Nel 1972 fu trasferito allo Scalo l’Ufficio del Registro e quello dell’INAM e poi il Commissariato di P.S. e man mano la caserma dei Carabinieri, quella dei Vigili del Fuoco, la Polizia Stradale, la Guardia di Finanza, il Liceo Scientifico, l’Istituto Tecnico Femminile, la Ragioneria, le prigioni, mentre la centrale Telecom addirittura venne abbattuta. Inoltre allo Scalo, negli anni, sono stati realizzati tanti di quelli alloggi che potenzialmente sarebbero stati in grado di ospitare tutti i residenti delle case costruite nel Centro Storico dal 1950 in poi, evitando l’imbarbarimento della parte antica.

Quanti spazi lasciati liberi, quanta cementificazione nel Centro Storico che col tempo ha dimostrato la sua inutilità! Se tutto fosse stato programmato fin dagli anni ’50 e ’60 prevedendo fin da allora armonicamente la conservazione del Centro Storico e la collocazione delle nuove strutture in uno Scalo con grandi vialoni e zone verdi, che altra Città sarebbe stata oggi la nostra amata Rossano!

Martino A. Rizzo

PS. I testi e gli articoli citati sono consultabili sul sito:
https://anticabibliotecacoriglianorossano.it/libri-giornali-articoli/libri/rossano/

 

I racconti di Martino A. Rizzo. Ogni mercoledì su I&C

Martino Antonio Rizzo, rossanese, vive da una vita a

Firenze. Per passione si occupa di ricerca storica

sul Risorgimento in Calabria. Nel 2012 ha pubblicato

il romanzo Le tentazioni della

politica e nel 2016 il saggio Il Brigante Palma e i misteri

del sequestro de Rosis. Nel 2017 ha fondato il sito

anticabibliotecacoriglianorossano.it. Nel 2019 ha curato la pubblicazione

dei volumetti Passo dopo passo nella Cattedrale di Rossano,

Passo dopo passo nella Chiesa di San Nilo a Rossano,

Le miniature del Codice Purpureo di Rossano.

Da fotografo dilettante cerca di cogliere

con gli scatti le mille sfaccettature del paese natio

e le sue foto sono state pubblicate nel volume di poesie

su Rossano Se chiudo gli occhi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articoli correlati: