La loggia massonica Sala di Zaleuco nella Corigliano del ’700, racconto di Martino A. Rizzo

L’illuminismo è stato quel movimento che sviluppatosi nel ’700, in particolare in Francia, si diffuse in tutta l’Europa innovando e destabilizzando i vecchi schemi culturali e sociali. Le finalità di questo movimento erano quelle di illuminare le menti con la luce della ragione per sottrarle al buio dell’ignoranza. Per raggiungere l’obiettivo era necessario diffondere sapere, utilizzando ogni strumento possibile: stampa, biblioteche, accademie, sale di lettura, giornali. Grandi pensatori, con le loro opere, indirizzarono il movimento: Voltaire introdusse il principio di tolleranza; Rousseau sostenne che gli uomini nascono liberti e uguali; Cesare Beccaria nel 1764 propose l’abolizione della pena di morte. In politica gli illuministi sostenevano i diritti di uguaglianza e di libertà e nel 1748 Montesquieu enunciò, fatto rivoluzionario in un’epoca di assolutismo, la teoria innovativa e destabilizzante della divisione dei poteri.

Le idee degli illuministi trovarono terreno fertile nella massoneria, un’associazione segreta sorta in Inghilterra nel sec. XVIII caratterizzata da un contenuto etico che aspirava alla fratellanza universale, alla liberazione da ogni pregiudizio e fanatismo religioso e alla lotta all’ignoranza. Infatti tanti erano i punti di contatto tra illuminismo e massoneria. Se ne ricorda qualcuno: la comune ispirazione a una radice etico-umanistica con un approccio “razionale” alle co-se del mondo; alcuni principi fondanti, come quello della “uguaglianza” (soprattutto illuminista) e quello della “fratellanza” (principalmente massonico); il concetto della “tolleranza”, ovvero il rispetto, fino all’estremo, delle opinioni diverse e contrapposte degli altri.

Le logge massoniche, insieme ai salotti che spesso accoglievano gli stessi personaggi e che costituivano delle formidabili occasioni di aggregazione del ceto intellettuale e delle classi dirigenti, divennero così uno straordinario strumento di diffusione delle idee nuove. Insomma il mondo massonico si trasformò ben presto in un luogo privilegiato per il processo di formazione, divulgazione e affermazione degli ideali degli illuministi.
Nel Mezzogiorno la cultura dei “Lumi” trovò terreno fertile, con tanti “spiriti liberi” che aspiravano a un nuovo ordine sociale, con più libertà e più diritti. Erano anni di grandi aspettative durante i quali la società non voleva più sentirsi soltanto “governata”, ma pretendeva di partecipare alle scelte politiche. Anche la Calabria fu toccata da questa marea innovativa, ovviamente solo la parte più colta della società, l’élite che aveva accesso agli studi e che grazie ai viaggi entrava in contatto con i circoli intellettuali di altre città. Le masse popolari, analfabete, restavano invece escluse da questo tourbillon di novità.
Per una serie di circostanze fortunate Corigliano entrò in questo circolo virtuoso. Infatti a Corigliano era dominus il duca Agostino Saluzzo (6.11.1743-5.8.1783), che aveva avuto quattro figli, di cui l’ultimo – Filippo – era nato il 10 luglio 1783, quattro settimane prima della sua morte. La moglie del duca, Chiara Marini e il fratello Giacomo Saluzzo si presero cura degli eredi e appena Filippo fu nell’età giusta, chiamarono, tra il 1793 e il 1796, Luigi Rossi per fargli da istitutore.
Il Rossi era nato a Montepaone (CZ) il 25 marzo 1769 in una benestante famiglia borghese. Era nipote di Saverio Mattei, fratello della madre, famoso intellettuale, grecista e musicologo. Grazie alle buone condizioni economiche e al fertile ambiente culturale che lo circondava aveva studiato in seminario a Catanzaro dove per maestro aveva avuto l’abate Gregorio Aracri di Stalettì, studioso di matematica e filosofia, massone, amico di vari riformatori napoletani, che lo indirizzò alla conoscenza del pensiero illuminista. Rossi, studioso delle antichità greche e latine, traduttore di opere dal tedesco, inglese e francese, era considerato uno dei più grandi improvvisatori del suo tempo grazie alla sua fervida vena poetica. A Co-senza, dove spesso si recava, venne “iniziato” come libero muratore. Nel 1792, all’Università di Napoli, conseguì la laurea in utroque iure e, dopo aver intrapreso la professione forense, accettò l’incarico di istruire a Corigliano il giovane Fi-lippo Saluzzo.
Qui – secondo l’arciprete sanfedista Gian Vincenzo Della Cananea – oltre a educare il giovane Filippo, “insegnava ai giovani nefande dottrine oltramontane in una misteriosa casa del rione Cittadella che tra loro chiamavano Sala di Zaleuco”. Zaleuco di Locri era stato un politico dell’antica Magna Grecia, ritenuto il primo legislatore del mondo occidentale. La loggia massonica coriglianese dipendeva dalla Madre-Loggia “Saint Jean d’Ecosse” di Marsiglia.

Durante i suoi anni a Corigliano Rossi curò anche la formazione di Antonio Maria Giuseppe Toscani, figlio dell’avvocato Pasquale e di Geltrude Passavanti. Na-to il 23 gennaio 1774, il giovane allievo divenne un altro frequentatore della Sala di Zaleuco e si aprì anche lui alla rivoluzione culturale propria del secolo dei lumi.
Secondo la storica Teresa Gravina Canadé, la Sala di Zaleuco era frequentata an-che da Orazio Malavolta, Alessandro Crisafi, Domenico Astone, Fedele De Novellis, Antonio De Luca e altre quattro persone di cui si ignora il nome.
Scacciato dal duca da Corigliano a causa dei suoi “contagiosi sentimenti liberali”, Rossi tornò a Napoli e prese parte da protagonista agli avvenimenti che portarono alla rivoluzione napoletana e alla costituzione della repubblica del 1799.

Anche il Toscani, studente di diritto a Napoli, venne coinvolto dal grande sovvertimento che si stava vivendo sul finire del secolo. Proprio per questa partecipa-zione subì tre anni e due mesi di prigione, fino al 25 luglio 1798, anno della sua scarcerazione. Scoppiata la rivoluzione napoletana venne nominato ufficiale della Legione Calabra composta da circa 150 uomini e destinata alla difesa del piccolo forte di Vigliena. Essendo il forte il presidio più meridionale della città di Napoli, si trovò in prima linea rispetto all’avanzata delle forze legittimiste sanfediste del cardinale Ruffo che, partito dalla Calabria, voleva restaurare la dinastia borbonica.

Il 13 giugno 1799 il forte venne assaltato da tre battaglioni sanfedisti calabresi. Vista l’impossibilità di vincere, il coriglianese Toscano – come nel 1706 aveva fatto a Torino il piemontese Pietro Micca – decise di dare fuoco alle polveri e fare scoppiare tutto, determinando la propria morte e quella di buona parte sia dei difensori che degli attaccanti.
Cinque mesi più tardi, il 28 novembre 1799, sempre a Napoli, fu giustiziato il Rossi. Secondo un cronista dell’epoca, che l’annotò sul suo diario: “.. gridando il Padre Assistente ‘Viva Iddio’ ei rispose ‘Viva la libertà’, e con questa parola in bocca fu gittato e morì”.
A loro volta Orazio Malavolta e Domenico Astone scelsero la via dell’esilio e si rifugiarono in Francia. Così come Alessandro Crisafi che successivamente si arruolò con l’esercito napoleonico.

 

I racconti di Martino A. Rizzo. Ogni mercoledì su I&C

Martino Antonio Rizzo, rossanese, vive da una vita a

Firenze. Per passione si occupa di ricerca storica

sul Risorgimento in Calabria. Nel 2012 ha pubblicato

il romanzo Le tentazioni della

politica e nel 2016 il saggio Il Brigante Palma e i misteri

del sequestro de Rosis. Nel 2017 ha fondato il sito

anticabibliotecacoriglianorossano.it. Nel 2019 ha curato la pubblicazione

dei volumetti Passo dopo passo nella Cattedrale di Rossano,

Passo dopo passo nella Chiesa di San Nilo a Rossano,

Le miniature del Codice Purpureo di Rossano.

Da fotografo dilettante cerca di cogliere

con gli scatti le mille sfaccettature del paese natio

e le sue foto sono state pubblicate nel volume di poesie

su Rossano Se chiudo gli occhi.

 

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