La festa della Repubblica al tempo del Coronavirus di Domenico Mazzullo

Il Coronavirus ci ha tolto tante tante cose, troppe, persone, affetti cari, libertà, gesti di affetto come la stretta di mano e gli abbracci, abitudini che allietavano la nostra vita e della cui preziosità non ci rendevamo conto, essendo scontate e acquisite come un diritto; Ci ha tolto il teatro, il cinema, i concerti, la possibilità di andare con gli amici al bar, o al ristorante, di fare liberamente assembramenti, di fare sport, ognuno come gradisce.

Ci ha dato qualcosa in cambio? Forse, ma è ancora da verificare e credo che dipenda da noi e solo da noi farne un buon uso. Ma comunque sempre troppo poco in rapporto a ciò che ci ha tolto.
A me personalmente, e ciò mi fa particolarmente soffrire, ha tolto i gesti di affetto, la stretta di mano e gli abbracci, di cui sento acutamente la mancanza e ho paura che non ritorneranno, perché le cattive abitudini, a differenza delle buone, si radicano fortemente ed è difficile liberarsene.
Ci stiamo abituando rapidamente al distanziamento sociale, termine orribile, che temo si stabilirà per molto tempo, e andrà ad associarsi a quel “sano egoismo”, termine che è divenuto di uso comune e che mi fa inorridire ogni volta che lo sento, quasi che l’aggettivo “sano”, aggiunto a posteriori, possa attribuire una patente di legittimità a una caratteristica di personalità ritenuta sempre negativa e deprecabile.
Ma oltre a quelle summenzionate, il Coronavirus, con particolare crudeltà e perfidia, certamente studiata ad arte, mi ha tolto una cosa a cui tenevo moltissimo, a cui ero particolarmente affezionato e legato, che fin da bambino sognavo e attendevo con ansia e febbrile aspettativa, molto di più che i, comunque apprezzatissimi, doni recati dalla Befana, nella notte tra il 5 e il 6 di gennaio.
Mi ha tolto, il 2 di giugno, la Festa della Repubblica, con la classica e fascinosa Parata Militare in via dei Fori Imperiali in Roma.
Ricordo come se fosse ora, la prima volta che mio padre mi recò ad assistervi.
Avevo i pantaloni corti con le bretelle e una camicia bianca e sul capo, per ripararmi dal sole, un cappello bianco con la visiera blu da Marina.
In mano una bandierina italiana che mi venne consegnata e che sventolai per tutta la durata della Parata, come un forsennato.
Mio padre, in giacca e cravatta, come era in uso a quel tempo, appassionato di fotografia, fotografava tutto, lasciandomi, per fortuna, un patrimonio di ricordi, che ancora guardo e rivisito con nostalgia e malcelata commozione, ritrovando le emozioni di quei momenti fantastici e indimenticabili.
Ricordo l’emozione che provai al passaggio, così da vicino come non mai, dei drappelli dei soldati delle varie Armi con in testa la Banda: Carabinieri, Fanti, Alpini dal passo lento e cadenzato, La Marina con le bianche divise e subito a seguire le divise blu della Aviazione, i Paracadutisti e i Sommozzatori, le Crocerossine con le divise bianche e blu e, distanziati dagli altri, i Bersaglieri con in testa la Fanfara, Che suscitarono l’entusiasmo e gli applausi della folla.
Mio padre, ricordo, mi spiegava tutto e mi illustrava le varie Armi che sfilavano.
Avrei voluto che non finisse mai… e invece come tutte le cose belle finì.
Ma non definitivamente, perché l’anno successivo si ripeté eguale, con straordinaria puntualità e con la stessa emozione e commozione e così tutti gli anni a venire, senza perderne una, mai.
Poi è venuta la televisione, prima in bianco e nero e poi a colori e allora divenne più comodo, più facile e altrettanto entusiasmante, assistervi da casa, ma l’emozione, la commozione e il pathos erano esattamente gli stessi.
Gli anni sono trascorsi rapidamente, sono diventato adulto e ora mi avvio verso la terza età, ma la Parata militare del 2 di giugno, è sempre rimasta per me un appuntamento imperdibile, inalienabile dalla mia vita, suscitando entro di me la stessa emozione e commozione, lo stesso sentimento di orgoglio, forse infantile e patetico, di essere Italiano.
Almeno una volta l’anno può essere concesso.
Ma questo anno 2020, sarà da me ricordato, con un tratto nero, in segno di lutto, per la mancanza della Parata Militare, sottrattami, strappatami, rubatami dalla crudele perfidia del Coronavirus, verso il quale sto studiando la mia personale vendetta.

Domenico Mazzullo

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