Isis: attaccare l’Italia. La notizia era trapelata dal carcere di Rossano

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Era trapelata dal carcere di Rossano la notizia degli “ordini” impartiti dall’Isis di attaccare l’Italia: “L’Isis ha dato mandato o ai mujaheddin kosovari o comunque dell’area balcanica di colpire il territorio italiano”. Ad indicarlo, appunto, solo pochi mesi fa, i terroristi detenuti nella sezione di Alta Sicurezza 2 del carcere di Rossano, attraverso una nota che il Dap aveva immediatamente inviato all’antiterrorismo. È anche sulla base di questo elemento che si è mossa l’indagine interforze che nei giorni scorsi ha portato all’arresto di tre cittadini kosovari e al fermo di un minorenne, i quali stavano pianificando di posizionare una bomba sotto il Ponte di Rialto, a Venezia. L’informativa, che risale al novembre scorso, è stata resa pubblica solo oggi, alla luce del blitz che ha sventato l’attentato nel cuore del capoluogo veneto, scaturito da una capillare attività di intelligence che ha monitorato il territorio e alcuni soggetti ritenuti “sospetti”. La Casa di Reclusione di contrada Ciminata Greco, a Rossano, per anni è stata l’unica sede carceraria sul territorio italiano per i detenuti accusati di terrorismo internazionale. Tutti ospitati in una sezione AS2, staccata dal resto dell’istituto penitenziario, il loro numero con il tempo è aumentato a dismisura. Oggi sono attive ulteriori sedi anche in altre regioni, ma per tanto tempo la cittadina jonica ha rappresentato il punto di approdo di tutti i terroristi arrestati e condannati in Italia. Fu proprio nella sezione AS2 del carcere rossanese, poi dichiarato “obiettivo sensibile”, che la notte del 13 novembre 2015, a poche ore dal massacro del Bataclan, alcuni di loro inneggiarono “alla Francia liberata”. Ed è ancora da Rossano che, lo scorso novembre, è giunta l’indicazione circa i dettami dell’Isis rivolti a cittadini del Kosovo o dei Balcani in generale, dove il contesto geografico “con un territorio difficile da controllare e frontiere da sempre permeabili, ha favorito – spiega il professor Andrea Carteny, docente di Storia dell’Europa orientale all’Università Sapienza di Roma – la creazione di nuclei organizzativi e di centri di reclutamento per la jihad globale”. Per come ricostruito dagli inquirenti, l’ordine impartito ai mujaheddin kosovari era quello di passare dalla Bosnia per poi entrare da Venezia, Trieste oppure attraverso la Svizzera. L’obiettivo era quello di infiltrarsi in ambienti islamici italiani, attraverso insospettabili di nazionalità albanese ai quali venivano richiesti due requisiti: “un’ottima conoscenza della lingua italiana” e “buone capacità informatiche”. I tre arrestati e il minore fermato a Venezia, tutti originari del Kosovo, vivevano in Italia da due anni, con regolare permesso di soggiorno, e lavoravano come camerieri.

In una delle intercettazioni, uno dei tre ha affermato: “Con Venezia guadagni subito il paradiso per quanti miscredenti ci sono qui, mettere una bomba a Rialto”. Un particolare, questo, reso noto dal procuratore reggente di Venezia Adelchi D’Ippolito, il quale ha sottolineato che i quattro kosovari erano impegnati “in una vera e propria attività di autoaddestramento al fine di prepararsi a compiere attività criminali e attentati da un lato attraverso esercizi fisici e dall’altro esaminando video dei fondamentalisti dell’Isis che spiegavano l’uso del coltello, come si uccide con un coltello…Da parte di tutti c’era una grande adesione all’ideologia dell’Isis e ai recenti attentati – ha aggiunto  d’Ippolito – in particolare quello a Londra del 22 marzo scorso che ha ricevuto grandi consensi e apprezzamenti”.

(fonte: La Provincia di Cosenza)

 

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