Il rossanese immischiato – fortuitamente – nel Caso Moro, racconto di Martino A. Rizzo

Il 16 marzo 1978 Aldo Moro venne sequestrato dalle Brigate Rosse a Roma, in via Fani, con un’azione militare, mentre si stava recando in Parlamento per la presentazione alle Camere del V Governo Andreotti. Nell’agguato i brigatisti uccisero i cinque uomini della scorta. È facile immaginare il clima di tensione che si creò in Italia.

19780316-RAPIMENTO ALDO MORO. Il 16 marzo 1978 : giornata del rapimento dell’ On. Aldo Moro e dell’uccisione della sua scorta. Rilievi tecnici in Via Mario Fani: Il cadavere della guardia Iozzino vicino alla Fiat 130 e all’Alfetta con a bordo i cadaveri, ripresi dall’alto. ANSA

Moro, all’epoca presidente della Democrazia Cristiana, era uno degli esponenti politici più importanti del Paese e riteneva possibile un governo di “solidarietà nazionale”, che includesse anche il PCI nella maggioranza, sia pure, in una prima fase, senza la presenza diretta di ministri comunisti nel governo.

In seguito al sequestro, la Capitale venne militarizzata con forze dell’ordine che la presidiavano e perlustravano giorno e notte.

Il 18 dello stesso mese gli inquirenti ricevettero la segnalazione da parte di una donna che viveva in un condominio di Roma, in Via Gradoli 96, e che riferiva di sentire rumori sospetti in diverse ore del giorno e della notte provenienti dall’appartamento di sopra. Le forze di Polizia decisero allora di verificare e così si recarono in via Gradoli, bussarono alla porta dell’appartamento, però non ricevendo risposta se ne andarono.

Il 18 aprile la porta dell’appartamento di via Gradoli, dove forse fino a qualche giorno prima era stato tenuto prigioniero lo stesso Moro, venne invece sfondata dai pompieri che ci arrivarono a causa di un allagamento. Anche se i brigatisti lo hanno sempre negato, si trattava di una messinscena organizzata dalle BR affinché il covo fosse scoperto. Infatti la cornetta della doccia del bagno era sorretta da una scopa e puntata contro una fessura che era stata fatta nel muro con uno scalpello in modo da consentire all’acqua di meglio filtrare lungo le pareti e arrivare fino all’appartamento dei vicini, che infatti diedero l’allarme.

Una volta entrati in casa, i vigili del fuoco videro armi, targhe e documenti riconducibili alle Brigate Rosse e così avvisarono le forze dell’ordine.

L’appartamento risultava intestato a un tal “Ing. Mario Borghi” che in effetti era Mario Moretti, capo delle BR, nonché carceriere e inquisitore di Moro.

Tra le tante cose che furono trovate in quella casa, c’era anche la chiave di una macchina alla quale erano legati due talloncini con su scritto «Jaguar 2, 8 beige H52550 via Aurelia 711» e «FS 915 FS 927 porte Sermoneta Bruno».

Così partirono subito le indagini e si scoprì che l’auto era stata immatricolata una prima volta nel 1971 con la targa “Roma H52559” e intestata a Bruno Sermoneta, commerciante romano di tessuti con negozi nella zona del Ghetto. Nel dicembre 1975 era stata venduta a Serafina Cosentino, il cui figlio, Ugo Amato, l’aveva acquistata preferendo però intestarla alla madre.

Ughetto Amato era nato a Rossano il 4 gennaio 1943 da Vincenzo Antonio e da Serafina Cosentino. Il padre era imparentato con i fratelli Luigi, Raffaele e Gerardo Amato, industriali di origine longobucchese, che erano arrivati a Rossano con lo zio Tiberio Smurra e che nel 1919 avevano installato la fabbrica la “Ghiacciaia” all’ingresso del paese. L’8 luglio 1955 comunque Vincenzo Antonio con tutta la sua famiglia si era trasferito a Roma dove Ughetto divenne impiegato comunale, oltre a coltivare tanti interessi fuori dall’impiego pubblico. Sempre però era rimasto legato a Rossano e ci tornava ogni anno in vacanza d’estate con questa imponente Jaguar e accompagnato da tante belle donne.

Ovviamente sia Bruno Sermoneta che Ughetto Amato furono oggetto di indagine e si scoprì che Sermoneta aveva tante affinità con una brigatista che si chiamava Laura Di Nola. Anche lei era di origine ebraica, pure lei apparteneva a una famiglia di commercianti di tessuti, abitavano entrambi nella zona del Ghetto e il padre della Di Nola aveva il negozio di tessuti a poche decine di metri di distanza da quello di Sermoneta.

Di Ughetto, invece, uomo della bella vita romana, non venne trovato ovviamente nemmeno il più labile contatto con il mondo dell’eversione e così le indagini si conclusero stabilendo che né Sermoneta né Amato si erano mai occupati di politica e ambedue non avevano legami con gli ambienti extraparlamentari.

Alla fine, di tutta questa vicenda è rimasta solo, nei voluminosi incartamenti del “Caso Moro”, la traccia dei nomi di Serafina Cosentino e di Ughetto Amato, quest’ultimo “nato a Rossano Calabro”.

Martino A. Rizzo 

 

I racconti di Martino A. Rizzo. Ogni mercoledì su I&C

Martino Antonio Rizzo, rossanese, vive da una vita a

Firenze. Per passione si occupa di ricerca storica

sul Risorgimento in Calabria. Nel 2012 ha pubblicato

il romanzo Le tentazioni della

politica e nel 2016 il saggio Il Brigante Palma e i misteri

del sequestro de Rosis. Nel 2017 ha fondato il sito

www.anticabibliotecacoriglianorossano.it Nel 2019 ha curato la pubblicazione

dei volumetti Passo dopo passo nella Cattedrale di Rossano,

Passo dopo passo nella Chiesa di San Nilo a Rossano,

Le miniature del Codice Purpureo di Rossano.

Da fotografo dilettante cerca di cogliere

con gli scatti le mille sfaccettature del paese natio

e le sue foto sono state pubblicate anche nel volume di poesie

su Rossano Se chiudo gli occhi di Grazia Greco.

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