Il Palazzo Corigliano a Napoli, racconto di Martino A. Rizzo

Un palazzo di Napoli celebra degnamente la grandezza di Corigliano. Infatti sul lato destro di piazza San Domenico Maggiore, una delle piazze più rappresentative del centro, si trova Palazzo Corigliano, un magnifico edificio storico che fa bella mostra delle sue architetture insieme ai palazzi Sansevero e Petrucci.

Risale ai primi del XVI secolo e appartenne originariamente alla famiglia de Sangro di Vietri. Giovanni de Sangro dei Duchi di Vietri, nel 1506, ne affidò il progetto all’architetto Gianfrancesco Donadio, detto il Mormando (Mormanno, 1449 – Napoli, 1530)

Nel 1727 il palazzo fu acquistato da Agostino Saluzzo duca di Corigliano e da allora per tutti è diventato Palazzo Corigliano, nome col quale ancora oggi è conosciuto e famoso.

Poiché col terremoto del 1688 era stato danneggiato, il duca incaricò l’ingegnere regio Filippo Buonocore di progettarne il restauro, insieme all’ampliamento e all’abbellimento. Quindi è a lui che si deve la sistemazione integrale dell’edificio, così come è possibile ammirarlo ancora oggi, con la facciata caratterizzata da un imponente basamento in piperno e da un lungo fregio figurato, visibile fra l’ammezzato e il primo piano.

In occasione di questa ristrutturazione venne altresì realizzato un altro piano, mentre fu lasciata inalterata la scala in pietra di Genova e la struttura del piano terra nel quale si trova anche il portale con i fregi di famiglia.

All’interno dell’edificio si può ammirare la Galleria Grande, ricca di dipinti sia nella volta che sulle pareti, risalenti alla seconda metà del XVIII secolo. La volta è altresì arricchita da stucchi dorati con una gigantomachia da episodi dell’Eneide, mentre alle pareti si ammirano dipinti con scene della mitologia greca. Inoltre le raffigurazioni delle Stagioni, delle Virtù e delle Opere del Duca e delle Gesta degli Dei costituiscono un unicum decorativo di grande rilevanza, testimonianza del filo diretto tra Napoli e il rococò europeo. I dipinti sono opera, con molta

probabilità, del pittore napoletano Fedele Fischetti (Napoli, 30 marzo 1732 – Napoli, 25 gennaio 1792).

Il Cabinet, un’altra perla dell’edificio, è un piccolo locale che fungeva da studiolo del duca ed è totalmente ricoperto da un rivestimento di specchi con una ricca decorazione plastica, opera di Bartolomeo Granucci, architetto, scultore, decoratore, pittore e scenografo napoletano e di Crescenzo Tombaro, intarsiatore. Insomma il duca per abbellire il suo palazzo fece intervenire i più prestigiosi professionisti napoletani dell’epoca.

Altri lavori furono necessari nel 1803 sotto la supervisione dell’architetto Antonio De Simone, mentre tra il 1812 e il 1840 l’architetto Gaetano Genovese si occupò del restauro del primo piano del portale e della scala interna.

Nel 1906 Palazzo Corigliano fu testimone di un’immane tragedia. Giovedì 22 febbraio alle ore 16.00 si doveva tenere il matrimonio civile tra la contessina

Anna, secondogenita diciannovenne del duca Filippo Saluzzo che era deceduto da un anno, e il principe Vincenzo Pignatelli-Strongoli, figlio del principe Luigi e della baronessa Carolina Barracco, dama di corte della regina. Il sabato poi sarebbe stato celebrato il rito religioso. Questo matrimonio era atteso come uno degli eventi mondani più importanti della città e il gran salone di Palazzo Corigliano era stato splendidamente addobbato per il sontuoso ricevimento che vi si sarebbe tenuto, con la partecipazione del fior fiore della nobiltà italiana. Tutto era pronto per un avvenimento che doveva restare memorabile e di cui per mesi si sarebbe sentito parlare nei salotti e sulla cronaca rosa delle principali testate. Alle cinque del mattino di giovedì, però, il promesso sposo si uccise nella sua abitazione con un colpo di rivoltella al cuore, lasciando due lettere – ai genitori e alla fidanzata – con le quali confessava di non credere nel matrimonio e di non voler perciò assumersi la responsabilità di generare infelicità. Accanto al corpo fu ritrovato un libro di poesie di Leopardi. Una tragedia inspiegabile e straziante che lasciò per molto tempo tanta tristezza in quelle bellissime stanze.

La famiglia Saluzzo rimase nel palazzo fino al 1935. Poi per un trentennio l’edificio divenne di proprietà dell’INPS, mentre dal 1977 le sue stanze sono rese vive dagli studenti che lo frequentano in quanto ospita l’Università “L’Orientale”, la più antica scuola di sinologia e orientalistica del continente europeo.

Martino A. Rizzo

I racconti di Martino A. Rizzo. Ogni mercoledì su I&C

Martino Antonio Rizzo, rossanese, vive da una vita a

Firenze. Per passione si occupa di ricerca storica

sul Risorgimento in Calabria. Nel 2012 ha pubblicato

il romanzo Le tentazioni della

politica e nel 2016 il saggio Il Brigante Palma e i misteri

del sequestro de Rosis. Nel 2017 ha fondato il sito

anticabibliotecacoriglianorossano.it. Nel 2019 ha curato la pubblicazione

dei volumetti Passo dopo passo nella Cattedrale di Rossano,

Passo dopo passo nella Chiesa di San Nilo a Rossano,

Le miniature del Codice Purpureo di Rossano.

Da fotografo dilettante cerca di cogliere

con gli scatti le mille sfaccettature del paese natio

e le sue foto sono state pubblicate nel volume di poesie

su Rossano Se chiudo gli occhi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articoli correlati: