I duellanti di Rossano, racconto di Martino A. Rizzo

Corigliano Rossano – Dal duello tra Achille e Ettore a quello tra Giuseppe Ungaretti e Massimo Bontempelli nel 1926, passando per quello tra Claudio Treves e Benito Mussolini del 29 marzo 1915, la storia ha visto tanti duellanti e anche a Rossano non sono mancate le sfide a duello in quanto ci fu un tempo in cui i nobili e i militari regolavano così le loro questioni d’onore per riparare alle offese ricevute, non sottoponendosi come i comuni mortali al diritto e ai tribunali.

Tutto accadeva perché l’offesa arrecata all’onore di una persona “perbene” non si poteva tollerare, doveva essere ritrattata o “lavata col sangue”. E il diritto, almeno fino al 1930, considerava con particolare mitezza il duello, proprio nell’ottica che originava da ragioni d’onore. Il codice penale del 1889 puniva all’art. 237 coloro che sfidavano altri a duello con la detenzione di due mesi. Ma andava «esente da pena chi sia stato indotto alla sfida da grave insulto o da grave onta». Insomma se venivi offeso potevi tranquillamente sfidare a duello il tuo diffamatore e comunque se lo uccidevi la punizione poteva arrivare al massimo a una pena di cinque anni.

Le regole sullo svolgimento del duello non erano disciplinate dalla legge, che si occupava solo della punibilità, ma seguivano dei principi e delle procedure ben precise stabilite da codici cavallereschi. A tal proposito si ricorda innanzitutto il “Codice cavalleresco italiano” del generale Achille Angelini del 1883 e il “Codice cavalleresco italiano” di Jacopo Gelli del 1892.

Al primo articolo del Codice Angelini si legge che «L’opinione pubblica concede l’onore delle armi al solo gentiluomo, nell’erronea credenza ch’ei possa con ciò riabilitarsi da un’offesa patita. Per gentiluomo s’intende colui che, sia per nascita sia per conseguita posizione sociale (fosse egli pur figlio di un popolano) si eleva dalla classe del semplice onest’uomo, alla tutela del cui onore, la società non esige delle riparazioni coll’arme. Infatti l’opinione pubblica non considera disonorato un onesto bracciante, un servo, un artigiano quando anche egli sia stato percosso».

È importante questo primo articolo del Codice Angelini perché, dopo avere affermato che era una “erronea credenza” quella di ritenere che il duello riuscisse a riparare a una “offesa patita”, fa del duello una questione classista dividendo la popolazione tra gentiluomini e “onesti uomini”, e l’opinione pubblica concedeva l’onore delle armi – e quindi il duello − solo ai gentiluomini, mentre la “Società”, quindi la collettività, per gli “onesti uomini” non esigeva la riparazione alle offese come invece pretendeva per i primi.

Il Codice Nardi si apriva all’art. 1 con la definizione di offesa secondo la quale «costituisce offesa tutto ciò che lede l’amor proprio, la moralità, i diritti o l’onore di un terzo, a seconda delle idee accettate e predominanti, nonché delle leggi morali e civili della società nella quale vive l’offeso». I duellanti, nei preparativi e durante lo scontro, erano assistiti da due padrini, incaricati di ottenere soddisfazione e cioè scuse o riparazione con le armi.

Di un episodio di sfida a duello parla il Gradilone sia nella sua “Storia di Rossano” che in un articolo sulla “Nuova Rossano” del 31 agosto 1970. Era l’estate del 1879 e in città, come nel Paese, era molto acceso lo scontro tra destra e sinistra. Il sindaco dell’epoca, Luca de Rosis, venne sostituito dal sindaco Gaetano Toscano, di sinistra, sostenuto dalle autorità governative e dal ministro corregionale Giovanni Nicotera attraverso il sottoprefetto Domenico cav. Fabretti. Allora, per solidarietà col de Rosis, la Giunta e metà del Consiglio Comunale si dimisero. Pertanto Toscano si vide costretto a sollecitare lo scioglimento dell’amministrazione e indire nuove elezioni, che comunque vinse. Dopo la vittoria iniziò però a circolare la voce, anzi l’accusa, che le elezioni fossero state manipolate e che il sottoprefetto fosse stato magna pars nel pasticcio. Così Luca de Rosis, il barone Labonia e il barone Amantea si dimisero anche dal nuovo Consiglio. Anzi, Amantea rassegnò le dimissioni anche dal Consiglio Scolastico Provinciale con una lettera nella quale chiamava alle sue responsabilità il sottoprefetto Fabretti. Questi, invece di dare una risposta burocratica, rispose con una nota dai modi sconvenienti e stizzosi e, allorché gli fu fatto notare, non intese cambiare il tono della sua missiva. Allora l’Amantea mandò i suoi padrini, il barone Girolamo de Rosis e il cav. Gaetano Cherubini, a portare al funzionario regolare cartello di sfida. Fabretti rispose con tracotanza dicendo che non accettava nessuna sfida e dopo qualche giorno querelò l’Amantea e i suoi padrini e in più fece ritirare loro il porto d’armi per attentato alla sicurezza pubblica e oltraggio all’autorità di governo. Vasta fu la risonanza che l’episodio ebbe sulla stampa nazionale e in parlamento dove lo stesso Toscano condannò il comportamento del funzionario governativo, che venne trasferito.

Di un’altra sfida a duello a Rossano ne parla Ignazio Pisani nei suoi Diari. Era il Carnevale del 1926 e sabato 13 febbraio si faceva festa alla Casina dell’Unione con musiche eseguite dall’Accademia Musicale sotto la direzione del maestro Sorrentino. La serata era allietata dalle canzoni interpretate con maestria da Giuseppina Pisani che inoltre suonava insieme a Bice Sorrentino, Candida Bianco e Annina De Russis. Nell’euforia generale e nel clima festoso Totonno Casciaro buttò dei coriandoli di carta al Sorrentino che però non gradì il gesto scherzoso e rispose seccato facendo così irritare il Casciaro che reagì mandandogli i suoi padrini, il dott. Joele e Pietro Longo, per sfidarlo a duello. Nell’occasione Sorrentino, a sua volta, scelse come suoi padrini Ignazio Pisani e il colonnello Antonio Amantea.

Per fortuna riunitisi il giovedì successivo i quattro padrini trovarono un modo diplomatico per superare la controversia e redassero con molta fatica un verbale di componimento bonario che, pur con le non poche strane osservazioni di Casciaro che spaccava il capello in quattro, alla fine venne accettato da quest’ultimo. E così anche quest’altro duello rossanese si risolse senza spargimento di sangue.

Le sfide narrate nell’articolo sono solo due ma significative in quanto dimostrano come ci fu un tempo in cui anche a Rossano, come nel resto del mondo, albergasse la cultura del duello.

Martino A. Rizzo 

 

 

I racconti di Martino A. Rizzo. Ogni mercoledì su I&C

Martino Antonio Rizzo, rossanese, vive da una vita a

Firenze. Per passione si occupa di ricerca storica

sul Risorgimento in Calabria. Nel 2012 ha pubblicato

il romanzo Le tentazioni della

politica e nel 2016 il saggio Il Brigante Palma e i misteri

del sequestro de Rosis. Nel 2017 ha fondato il sito

anticabibliotecacoriglianorossano.it. Nel 2019 ha curato la pubblicazione

dei volumetti Passo dopo passo nella Cattedrale di Rossano,

Passo dopo passo nella Chiesa di San Nilo a Rossano,

Le miniature del Codice Purpureo di Rossano.

Da fotografo dilettante cerca di cogliere

con gli scatti le mille sfaccettature del paese natio

e le sue foto sono state pubblicate nel volume di poesie

su Rossano Se chiudo gli occhi.

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