Guerra di campanile nel 1909 tra Corigliano e Rossano, racconto di Martino A. Rizzo

Domenica 7 marzo 1909 era in programma il primo turno delle elezioni politiche per la Camera dei Deputati. Due candidati si contendevano il seggio di Rossano: l’avvocato rossanese Francesco Joele e l’avvocato romano di origini calabresi Giuseppe Gregoraci. Il primo, Joele, era il candidato di bandiera di Rossano, Gregoraci, scelto da Roma, aveva invece la sua base elettorale a Corigliano.
Fin dal 1892 il Collegio era stato appannaggio esclusivo del conte Nicola Gaetani d’Alife – marito di Maria Antonia Solazzi Castriota di Corigliano – che militava nello schieramento della destra storica. Nel 1909 il conte aveva però deciso di non ricandidarsi e di accettare la nomina a senatore, individuando – in accordo con il governo in carica – come suo erede nell’incarico di deputato l’avvocato Gregoraci e mettendo a disposizione per tale finalità la sua macchina organizzativa coriglianese. Le male lingue insinuavano che il sostegno all’elezione di Gregoraci fosse stato il prezzo che d’Alife aveva dovuto pagare a Giolitti per la sua nomina a senatore.
Gregoraci, espressione dei poteri romani, precedentemente era stato già rifiutato dagli elettori del Collegio di Ceccano-Anagni. Era nato a Castrovillari nel 1869 e giovanissimo si era trasferito a Roma dove aveva studiato e iniziato la carriera legale. Professore di diritto penale alla Sapienza di Roma, era diventato un principe del foro, protagonista dei più importanti processi dell’epoca.
Francesco Joele, detto Ciccio, rossanese doc, avvocato, veniva invece da una esperienza amministrativa di dodici anni nel Consiglio Provinciale e nella Deputazione Provinciale e la sua candidatura, pur con le invidie e le gelosie nei suoi confronti che a Rossano non mancavano, era stata individuata in virtù della sua consolidata vicinanza al territorio.

I due sindaci, Luciano De Stefano a Rossano e Vincenzo Fino a Corigliano, erano su fronti contrapporti a difesa dei candidati di riferimento delle loro città. Così come i giornali cittadini, la “Nuova Rossano” e “Il Popolano” di Corigliano, che sui due candidati si buttavano reciprocamente raffiche di veleno addosso. Le autorità, invece, con in prima fila il sotto-prefetto Alberto Vigo, in linea con le direttive governative, avevano l’input di facilitare il candidato romano-calabrese.

A Corigliano comunque prese vita un comitato “Pro Joele” che domenica 21 febbraio arrivò a Rossano per testimoniare il suo impegno per il rossanese. In Piazza Steri ci fu una grande manifestazione con discorsi del consigliere provinciale Giacomo Garetti, di Ruggero Graziani e la partecipazione del dott. Luca Policastri, dell’avv. Felice De Tommasi, di Domenico Bruno e del notaio Antonio Rizzo-Corallo. Anche il barone Guido Compagna aveva fatto intendere di non gradire il candidato imposto da Roma.

Venerdì 5 marzo il prof. Gregoraci, già reduce da un tour elettorale nei comuni di Bocchigliero, Campana, Mandatoriccio, Pietrapaola e Scala Coeli, accompagnato dai baroni Giuseppe e Nicola de Rosis, dal cav. Martire, Impagliazzo e Cilento, partì per un altro giro elettorale alla volta di Longobucco, passando per Paludi e Cropalati. Nel transitare per Rossano fu accolto e accompagnato, dall’ingresso in città e fino all’ imbocco della strada per Paludi, da un coro di fischi. Al ritorno, il giorno dopo, prima del rientro a Corigliano, era stato programmato per il pomeriggio un suo comizio in Piazza del Popolo a Rossano. Ma verso le 16.00, quando arrivò nel quartiere Penta, vide appeso al balcone di Martino Fino, prospiciente la strada provinciale, uno striscione con la scritta “Fuori il candidato rifiutato dai collegi di Ceccano e Anagni”. Allora ordinò al cocchiere di fermarsi per strapparlo, ma poiché il vetturino non riusciva nell’impresa, salì lui stesso a cassetta per toglierlo, inveendo al contempo contro i rossanesi. Contravvenendo, così facendo, ai consigli di polizia e carabinieri che avevano raccomandato moderazione e di non rispondere alle provocazioni.

Infatti di fronte alla reazione di Gregoraci non fu più possibile trattenere la folla che lo fece oggetto di sassate, ingiurie e imprecazioni. Una pietra colpì il barone Giuseppe de Rosis a una spalla e un’altra Gregoraci al cappello. Si ritenne perciò opportuno partire senza indugi per Corigliano, ma la carrozza faticava ad avanzare e la forza pubblica a stento riusciva a far argine alla massa di gente che spingeva. Il cocchiere dovette farsi strada con la pistola in pugno.

Rientrati nella stessa giornata a Corigliano il candidato si recò presso la sede della Società Operaia dove il barone Giuseppe de Rosis parlò alla folla accorsa a sostenere il professore e lo stesso Gregoraci tenne un discorso di saluto. Infine un corteo si mosse per le strade cittadine accompagnato dalla banda musicale e acclamando il proprio candidato. Mentre il corteo attraversava la città, al passaggio sotto le case dei simpatizzanti di Joele, dai partecipanti alla manifestazione partiva un coro di urla e fischi contro di loro, mentre a sua volta la banda intonava la marcia funebre.

Poi il corteo si diresse verso il castello con la banda che anche lì suonò la marcia funebre in quanto i Compagna non simpatizzavano per Gregoraci. Il castello era difeso dagli uomini del barone con i fucili in mano e ci furono scontri. L’agente di P.S., Francesco Lauro, riportò contusioni provocate dai guardiani del castello.

Il vescovo Orazio Mazzella che aveva disquisito sul “non expedit” e invitato alla calma e alla moderazione nella campagna elettorale venne frainteso e attaccato dai sostenitori di Joele. Dovette perciò ritornare sull’argomento e specificare che lui non aveva voluto sostenere nessun candidato ma solo invitare tutti a stemperare gli animi.

Insomma la battaglia elettorale era senza esclusione di colpi e così si arrivò al 7 marzo con Gregoraci che prese in tutto il Collegio 1.118 voti e Joele 1.096.

Corigliano Calabro aveva all’epoca 808 elettori e Gregoraci se ne aggiudicò 768. I sostenitori di Joele fecero però presente che 22 elettori erano morti durante l’anno e quindi non avevano potuto votare, 135 erano emigrati e 10 elettori avevano dovuto rinunciare al voto per le minacce. Risultava altresì che 10 elettori di Vaccarizzo avessero votato a Corigliano mentre in realtà 4 di questi erano morti e altri 6 avevano votato nel Collegio di Cassano.

Lo schieramento di Gregoraci a sua volta faceva notare che Joele non era eleggibile in quanto non si era dimesso dal Consiglio Provinciale nei termini di legge.

Nonostante il maggior numero di voti attribuiti a Gregoraci, tante erano le irregolarità riscontrate. Pertanto sotto la presidenza del cav. Michele De Vanna, consigliere di Corte d’Appello che sovrintendeva sulla regolarità delle elezioni, il 10 marzo si riunirono tutti i presidenti dei seggi per le verifiche del caso. Purtroppo, però, per tali controlli, mancavano i verbali di Corigliano e di Cariati che i carabinieri dovettero andare a ritirare in loco. Finalmente, dopo cinque ore di esame e di discussione, il presidente De Vanna accolse la decisione dei presidenti di seggio e dichiarò inficiate le elezioni di Cariati e Corigliano proclamando eletto Joele con 1.049 voti contro Gregoraci fermo a 265.

La notizia venne riportata anche dal Corriere della Sera che nell’edizione del 12 marzo 1909 raccontò che: “l’assemblea dei presidenti dei seggi del Collegio di Rossano ha proclamato a deputato il cav. Francesco Joele con 1.049 voti contro 265 assegnati all’altro candidato Giuseppe Gregoraci, ministeriale. Al Gregoraci erano stati dapprima assegnati 1.768 voti: ma i presidenti dei vari seggi hanno ritenuto di non doverglieli assegnare”.

Insomma il caos era totale e il 12 giugno 1909 la Giunta per le Elezioni della Camera dei Deputati propose l’annullamento della tornata elettorale del 7 marzo. Proposta che venne accettata dall’Assemblea di Montecitorio.

Così l’8 agosto 1909 ci furono le nuove elezioni che videro vincitore Joele con 1.627 voti mentre Gregoraci si fermò a 419 voti. A Corigliano fortissima fu l’astensione: votarono solo 392 elettori e a Gregoraci andarono 390 voti. In pratica le astensioni dei coriglianesi furono “voti taciti” per Joele.

Quindici anni dopo questi fatti, sferzante fu il commento sul noto penalista fatto dal prefetto di Catanzaro in una lettera del 1° febbraio 1924 al ministro, a proposito di un’altra candidatura calabrese di Gregoraci: “… l’avv. Giuseppe Gregoraci, il quale ad ogni elezione si ricorda di essere calabrese, cala quaggiù, sparge un po’ di miele oratorio, garantisce di avere il placet del Governo e finisce sempre per restare candidato, mai eletto”.

PS. La rassegna stampa dell’epoca sugli avvenimenti narrati è consultabile sul sito http://anticabibliotecacoriglianorossano.it/wp-content/uploads/2021/06/Rizzo-Martino-Ant.-Rassegna-stampa-sullo-scontro-tra-Corigliano-e-Rossano-per-le-elezioni-politiche-del-1909.pdf

Martino A. Rizzo

 

I racconti di Martino A. Rizzo. Ogni mercoledì su I&C

Martino Antonio Rizzo, rossanese, vive da una vita a

Firenze. Per passione si occupa di ricerca storica

sul Risorgimento in Calabria. Nel 2012 ha pubblicato

il romanzo Le tentazioni della

politica e nel 2016 il saggio Il Brigante Palma e i misteri

del sequestro de Rosis. Nel 2017 ha fondato il sito

anticabibliotecacoriglianorossano.it. Nel 2019 ha curato la pubblicazione

dei volumetti Passo dopo passo nella Cattedrale di Rossano,

Passo dopo passo nella Chiesa di San Nilo a Rossano,

Le miniature del Codice Purpureo di Rossano.

Da fotografo dilettante cerca di cogliere

con gli scatti le mille sfaccettature del paese natio

e le sue foto sono state pubblicate nel volume di poesie

su Rossano Se chiudo gli occhi.

 

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