Grido d’allarme dei ristoratori abbandonati dal Governo

Il prossimo 4 maggio è la data indicata per la fine del lockdown per molte regioni e città, la cosiddetta Fase 2 che dovrebbe ricondurre piano piano il Paese alla normalità pur sotto lo spettro del virus, né vaccino né cura sono stati ancora scoperti, solo la prevenzione e il rispetto dei protocolli continueranno ad aiutare a contenere il contagio. Uno scenario che non può certo definirsi “normale” e che preoccupa tanti, soprattutto chi come me opera nel settore della ristorazione e di qualità sia nella cucina che nell’accoglienza. Distanziamento sociale, sanificazione continua di luoghi e mezzi, ausili di protezione sanitaria personali e ciò con cui, da qui ad una data ancora non definita, dobbiamo convivere ed attenerci. E diciamo pure, con le quali bisogna fare i conti quelli degli impegni economici e delle spese aggiuntive che le aziende e le attività commerciali di ogni settore dovranno sostenere per poter riaprire. L’Italia del Meridione, di cui faccio parte, è stata tra le prime a lanciare quel grido di allarme che veniva dal settore economico e segue con attenzione ogni decreto o bozza che il Governo giornalmente annuncia a sostegno delle aziende e delle attività commerciali. Ma ad oggi nulla di fatto! Che la prossima stagione estiva sia compressa questo è un dato di fatto, il settore turismo registra perdite da default e molte delle attività ricettive, soprattutto delle regioni del sud che vivono durante questo periodo dell’anno, hanno deciso di non aprire. Alle perdite della chiusura obbligata, a cui nessun “Cura Italia” ha dato ad oggi risposte certe e definitive se non la “garanzia” di un ulteriore indebitamento con le Banche e gli Istituti di credito, si aggiungono come un macigno la non certezza delle date della riapertura, gli obblighi di prevenzione e le assurde se non proprio fantasiose proposte che assicurino il distanziamento sociale. Ristoranti, pizzerie, bar, pasticcerie, hanno già gettato nella spazzatura capitali investiti pronti a rispondere all’avvio della nuova stagione che già con la Pasqua avrebbe dovuto rappresentare l’inizio del 2020. Personale licenziato o non confermato, un indotto vastissimo, uno dei settori trainanti del Pil del Paese, piegato su stesso. Se non riesce a sopravvivere e a far fronte alle ingenti spese richiesta dalla situazione Sorbillo, che ha deciso di chiudere alcune delle sue famose pizzerie, figuriamoci le piccole e medie realtà come le nostre! E seppur le urla della categoria che rappresento risuonano da nord a sud il Governo sembra non avere orecchie. “Ci chiedono di riaprire”, “Ci propongono misure che inciderebbero fino all’80% del fatturato”, “Ci propinano inverosimili dispositivi di sicurezza”, “Ci chiedono di fare uno sforzo (noi!) e lavorare senza orari, senza pause”, questo è ciò che ripetiamo. E che anche come movimento politico lo indirizziamo ai nostri politici, quella dei proclami ma del nulla di fatto. Sosteniamo quindi ogni tipo di iniziativa che aiuti davvero la ripartenza, siamo consci del pericolo e della situazione di emergenza che tutto il mondo sta vivendo ma ci opponiamo e rifiutiamo categoricamente alla non presa di coscienza da parte del Governo che ad oggi si rifiuta di intraprendere azioni di forza e diventare non garanzia ma reale sostegno finanziario e a tasso 0. Uno dei settori che rappresenta il Paese e per cui tutto il mondo ci invidia sta collassando e non per la pandemia ma per la mancanza di coraggio del nostro Governo ad attuare misure di liquidità immediata, sospendere come è stato chiesto ogni tipo di fiscalità e tassa per tutto il periodo che serve per ripartire davvero.

È tempo di far sentire alta la nostra voce di disperazione ma non di rassegnazione.

Francesco Russo

Ristoratore

Militante Italia del Meridione

 

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