Governo di salute pubblica? Neanche a pensarci

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di MATTEO LAURIA

comune-di-rossanoUn governo di salute pubblica? Neanche a parlarne. Ognuno va per la sua strada. E la lista dei candidati non solo aumenta, ma è destinata a crescere di numero.
La new entry della settimana è rappresentata dall’ex Consigliere regionale Giuseppe Caputo, già sindaco della città per ben due volte, che aveva ceduto successivamente il passo a causa della legge elettorale che impedisce il terzo mandato. Altra e ulteriore sciocchezza del legislatore il cui obiettivo sarebbe dovuto essere quello di favorire il rinnovamento da un lato e combattere le forme di cristallizzazione dall’altro.
Tale legge non ha ottenuto né l’uno né l’altro, ma solo litigiosità e scontri. I successori sono spesso “teste di legno” (lo si dice con rispetto verso le persone) che per essere eletti usano dapprima l’eredità dei predecessori per poi tentare lo strappo rivendicando la legittima autonomia e l’indipendenza d’azione durante il mandato amministrativo. Ad ogni modo, al di là dei riferimenti specifici, il dato che emerge è che la legge elettorale necessita di rivisitazioni. Quali? Alla politica, il compito di decidere. La lista dei candidati è davvero lunga.
Si voterà il 12 giugno prossimo e al momento si contano i seguenti nomi: Giuseppe Antoniotti, Ernesto Rapani, Giuseppe Caputo, Tonino Caracciolo, Flavio Stasi, Giuseppe Marincolo, Leonardo Trento, Pasquale Catalano.
All’appuntamento ancora manca il movimento “Il coraggio di cambiare” del Consigliere regionale Giuseppe Graziano (che ha avuto, per il momento, confermato il seggio in Palazzo San Giorgio nel contenzioso con Gianluca Gallo) che aspira a un’alleanza trasversale, superando gli steccati. In tutto questo, non è dato sapere il ruolo di Forza Italia. Si sa solo che sono in itinere trattative con i fratelli Natale e Antonello Graziano, la cui notoria e naturale collocazione è il centrosinistra. Si tratta di un’area moderata di centro dove appaiono i Graziano ma anche l’ex presidente del Consiglio comunale Vincenzo Scarcello, oltre ad altri.
Uno scenario, dunque, tutto da scoprire.
Caputo va avanti con liste civiche, l’uomo di destra ha già parlato di equidistanza dai partiti. Si è in attesa dei grillini e di altri movimenti civici in fase di assestamento. Poi il rebus di Sergio Caliò, il magistrato che rimane ancora in una posizione di stand-by, affacciato alla finestra a osservare gli sviluppi della classe politica nel suo complesso. Il suo nominativo è il frutto di un atto “deliberativo” del direttivo locale del Pd.
In questo, forse, si è peccato in un duplice errore di valutazione: da una parte, i Dem che hanno inteso mettere il cappello su una figura che poteva essere sostenuta da più forze; dall’altra, lo stesso Caliò che, nella sua unica uscita pubblica, si sentì onorato della posizione assunta dal Pd.
L’effetto suscitato è stato di allontanamento di molte forze politiche all’idea di avviare un processo straordinario che puntasse alla concretizzazione di un governo di salute pubblica.
C’è anche l’autoproclamazione dell’esponente provinciale Titti Scorza che chiede e vuole le primarie, sconfessando di fatto la decisione del direttivo.
Una situazione di totale caos che induce anche il sindaco di Corigliano Giuseppe Geraci ad autentici scivoloni. Come nel caso dell’incontro al Castello sulla vicenda della fusione: l’amministratore ha invitato chiunque si è autoproclamato candidato a sindaco. In ultimo, la visita del critico d’arte Vittorio Sgarbi, il quale avrebbe manifestato la sua disponibilità a candidarsi a Rossano quale espressione del movimento riconducibile al Consigliere Graziano. Insomma, una vera e propria giostra dove il valore della responsabilità sociale di una città in emergenza è calpestato dalla sete di potere.
Uno sfoltimento si renderà necessario. Dove non arriverà il buonsenso di massa, dovrà arrivarci quello dei singoli.
È inutile disperdere energie nella consapevolezza che il risultato non potrà essere raggiunto. Chi tenta di arrivare in Consiglio comunale attraverso una candidatura a sindaco produce l’effetto di ridurre gli spazi di omogeneità politica nelle file della futura minoranza.

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