Giornalismo, fango e tutele: chi vigila? Il vuoto dello Stato

È indubbio, oggi “il caso Gabriele Carchidi” rientra tra i fenomeni sociologici da analizzare. Non è una critica contro la persona, tutt’altro, né una presa in giro. È una seria riflessione su come operano gli organismi di vigilanza e le autorità preposte rispetto ai principi costituzionali, e non solo, della dignità e della onorabilità delle persone. Non ritengo utile continuare su un fastidioso e volgare ping/pong di accuse. Solitamente il fango genera fango. Nei giorni scorsi in un editoriale ho affrontato il tema della povertà, delle difficoltà nel fare investimenti da parte di quei pochi imprenditori, della paralisi delle attività politiche e burocratiche alcune volte a causa dei timori che i corvi (spesso esclusi da bandi o altro) scrivono in forma anonima al sito Iacchitè il cui direttore pubblica integralmente o in parte (non circoscrivendo o limitando il tutto ai fatti), contenuti lesivi della reputazione delle persone attraverso epiteti, soprannomi e imputazioni gravi. Nessun filtro, nessun riscontro, nero su bianco senza limiti ad orologeria, ovviamente. Sin qui nulla quaestio. Ognuno nella propria vita decide come meglio operare e come meglio agire. Tuttavia la libertà personale presenta dei limiti, altrimenti si trasforma in liberticidio di quella altrui. Si è solito dire “la libertà propria cessa quando invade quella degli altri”. E qui non c’è diritto di critica o di cronaca che regga. Gli organismi preposti alla tutela della onorabilità delle persone sono da un lato la magistratura, chiamata a perseguire i reati annessi, mentre per la parte relativa al rispetto della deontologia professionale l’Ordine dei Giornalisti. Bene, sul “caso Carchidi” si dimostrano fallimentari sia l’uno sia l’altro, nonostante la presenza di condanne. Per la magistratura cosentina per esempio essere accusati da parte del signore in questione di mafiosità significa utilizzare un linguaggio colorito. Può essere considerata seria una motivazione del genere? Se poi ti permetti di chiamare “‘mafioso” un magistrato accade il patatrac. Nel caso di specie è accaduto che nel periodo intercorrente il 2015/2016 facevo parte della redazione de “L’Eco dello Jonio” (versione carta stampata). Ebbi modo di relazionarmi con l’editore Avv.Enzo Lapietra, imprenditore, incensurato, mai indagato di nulla, persona a modo e sempre disponibile con tutti al fine di portare avanti l’esperienza cartacea sotto la direzione del mio caro amico Serafino Caruso, anch’ egli persona a modo senza mai essere lontanamente stato sfiorato dalle maglie della giustizia. Iniziai questa esperienza nella consapevolezza che quel che resta dei media in riva allo jonio soffre da sempre della capacità di rendersi autonoma e indipendente da un’editoria da sempre colonizzata. Di questa squadra facevano parte le colleghe Rossella Molinari, Samantha Tarantino e Martina Forciniti. Tutte persone cristalline, non fanno uso di droghe né hanno gropponi di anni di reclusione sulle spalle.
Nel frattempo incombono le elezioni amministrative a Rossano e il professionista Carchidi inizia a scrivere contro la redazione infarcendo teoremi accusatori gravi come se fosse una redazione di mafiosi. Contesta ai Lapietra l’amicizia con il candidato Ernesto Rapani, quando la linea editoriale all’epoca de l’Eco dello Jonio andava nella direzione opposta, ossia, perorava la causa della diserzione dalle urne quale forma di protesta contro lo Stato per le ragioni a noi tutte note (Tribunale chiuso, ospedale depotenziato, pericolo demansionamento Inps e Agenzia delle entrate, etc etc). Rapani ed altri candidati invece premevano per andare alle elezioni. L’editore Lapietra rispettava tale decisione, mai nessuna ingerenza. Nonostante tutto la redazione veniva ridicolizzata e costantemente denigrata, offesa, derisa, accusata di contiguità con la mafia. Decidiamo quindi di ricorrere, come atto di autotutela presso gli organismi preposti: procura della repubblica di Cosenza e Ordine dei giornalisti della Lombardia (presso cui il nostro è iscritto). Risultato? La Procura avanza una richiesta di archiviazione a cui non ci siamo nemmeno opposti poiché riteniamo davvero inverosimile un tale atteggiamento da parte di un singolo magistrato, mentre l’Ordine di Milano ritiene di attendere gli esiti dell’iter giudiziario prima di pronunziarsi, quasi come se la commissione disciplina fosse chiamata a pronunciarsi solo dopo l’accertamento di un reato. Ecco come si viene tutelati dagli organi dello Stato! Mi preme sottolineare che con il Gruppo Lapietra ho avuto un rapporto di collaborazione durante l’esperienza cartacea de L’Eco dello Jonio e che dopo il passaggio al solo sito online tale testata ospita un mio editoriale a settimana. Da qui a descrivermi come un uomo di potere o per scendere nel solito linguaggio scurrile di Carchidi “leccaculo” davvero ce ne vuole. Solo una mente poco lucida può permettersi di scrivere certe cose. Ognuno, tuttavia, risponderà delle proprie azioni presso le sedi opportune, augurandosi che le “sedi opportune” siano composte in prospettiva da soggetti responsabili con alto senso civico e dello Stato. In mancanza, Carchidi nonostante le sentenze di condanna continua nella sua crociata di inciviltà, di vergognosi attacchi alla persona e non già a stigmatizzare eventualmente eventuali fatti e comportamenti. Comprendo la sete di ingiustizia diffusa e la rabbia per una società degradata che è la stessa alla mia, ma colpire volgarmente sul piano personale gli individui è un qualcosa che non può essere tollerato in uno stato di diritto! Tanto più se una linea editoriale, chiamiamola d’assalto e senza regole, influisce sull’economia e sull’occupazione.
Io sarei organico ai poteri forti per il solo fatto che ho accettato una semplice collaborazione? Viene da ridere. Raccontasse Carchidi la storia dei suoi editori del passato, altro che Lauria con i poteri forti. Se fossi con i poteri forti, avrei fatto ben altra carriera come altri hanno fatto e su cui il “giornalista libero” tace. Ma d’altronde la macelleria sociale solitamente si scatena su chi ha il coraggio in maniera diretta o indiretta di esporsi, talvolta attraverso il libero pensiero, altre volte mediante iniziative sociali o imprenditoriali. I silenti, avvolti da ipocrisia, amano stare alla finestra a osservare, criticare alle spalle, sparlare sui marciapiedi. Sin qui Carchidi al quale ricordo che un numero di querele consistenti non rappresenta il segnale di “uomo coraggioso” piuttosto di superficialità, negligenza e sciatteria. Di querele, queste si temerarie, ne sono stato vittima e continuo ad esserne, fortunatamente in larga parte concluse sul nascere con provvedimenti di archiviazione, ma perché mi soffermavo sui fatti, non offendevo le persone. Ed hanno riguardato temi come la corruzione, l’abusivismo edilizio, concorsi truccati, etc etc. Lui scrive invece, e questo dimostra l’improvvisazione del soggetto, che non ho mai avuto querele. Magari! Appare fuori dal normale poi, il dato secondo cui raggranellare querele sia motivo di vanto, quasi da propagandare. A prenderle non ci vuole tanto, d’altronde, basta denigrare. La capacità è produrre inchieste, denunciare le malefatte, e non essere denunciati perché racconti le verità.
Carchidi si definisce editore di se stesso, dimenticando i suoi editori del passato a cui, in quel caso si, è sottostato. Quelli si “poteri forti”, quelli cosentini, altroché. Che “poteri forti” possono esistere a Rossano, una città in cui non è rimasto nulla. Tuttavia, non giudico Carchidi per questo, poiché anche questa è una farsa tutta italiana. Il giornalismo autonomo per come è stato concepito il sistema dell’editoria non potrà mai esistere, se non quando lo Stato inizierà a finanziare solo ed esclusivamente soggetti giuridici ( cooperative, società, associazioni, etc etc) composti da soli giornalisti, così da garantire stipendi e indipendenza. Il resto è solo ipocrisia: quando il giornalista attacca qualcuno è perché stringe alleanze con altri. E  Carchidi lo sa benissimo. Ma questo è altro argomento su cui presto ritornerò.
Ora ama ricostruirsi una pseudo verginità distribuendo veleni a destra e a manca e pur di incassare qualche visualizzazione in più, getta fango sulle persone, i fatti e gli atti vengono dopo e in alcuni casi affatto. L’importante è il linciaggio, l’obiettivo è d’altronde far accrescere i numeri del sito con tanto di compensi, ricorrendo al sensazionalismo e allo scandalismo che, in una società di spioni, fa gola.
Il fenomeno Carchidi, ad ogni modo, mi offre la sponda per dire ciò che penso della Città di Rossano, che amo e che continuerò ad amare fino a quando potrò, ma verso cui nutro profonde perplessità di ordine culturale. Ho fatto radio per lunghi anni, presso le testate giornalistiche Radio Tir Rossano e Radio Rossano Centro. Un lungo periodo della mia vita destinato agli ideali, al libero pensiero, ben due ore di diretta al giorno, luogo di democrazia in cui al centro veniva posto il cittadino, libero di intervenire telefonicamente per dire la sua . Si discuteva di tutto: cronaca, giudiziaria, politica, attualità, di ciò che poteva avere un interesse generale. La crisi ha poi sancito la necessaria vendita delle frequenze e la definitiva chiusura, avvenuta senza che la classe dirigente o politica muovesse un dito, nella totale indifferenza. Stesso destino, altre radio, tv, e carta stampata periodica locale. Una città sorda, spenta, senza spina dorsale! E d’altronde come non ricordare quanto avvenne nel 2016 durante le elezioni amministrative. Un popolo, dal tessuto sociale inquinato, che ha subito di tutto e che manifesta la sua indignazione facendo registrare una delle percentuali più alte, con un’affluenza alle urne pari al 72%. Siamo ai limiti dell’assurdo. A Milano, in pari data, l’allora sindaco Pisapia lascia con un bilancio in attivo, due scali aerei, alta velocità, capitale economica, sede Expò, bene a Milano per protesta si è recato alle urne il 52%. Questa è l’altra faccia di Rossano. Vinse l’asse Graziano- Mascaro, mai attaccato da Carchidi fino al giorno dell’avvenuta elezione della giunta Mascaro. Poi dopo qualche tempo inizia timidamente anche contro questa amministrazione. Chissà perché? Cosa sarà accaduto? Al tempo le verità! Nel mentre ho già dato mandato al mio legale di fiducia a tutela della mia persona, interesserò nuovamente l’Ordine dei giornalisti della Lombardia. Denuncia che sarà trasmessa, questa volta per conoscenza alle autorità superiori, nella speranza che qualcuno metta in moto meccanismi di tutela delle persone.

Matteo Lauria

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