FUSIONE: E ANCHE SETTEMBRE E’ SALTATO…

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E anche settembre è saltato. Era l’impegno temporale che una parte dell’amministrazione comunale di Corigliano aveva assunto con il comitato pro fusione, prima della pausa estiva, per l’approvazione in consiglio comunale della delibera d’impulso che porta al referendum. Siamo a fine a settembre e l’argomento non è stato inserito neanche all’interno della conferenza dei capigruppo. E’ pur vero che la giunta Geraci è stata impegnata sul fronte dell’alluvione, così come è rimasta assorbita da altre vicende di estrema delicatezza, ma la questione della fusione non è certo meno importante, se è vero come è vero, che rientra tra le progettualità che potrebbero dare un alto impulso all’economia dello ionio e rilanciare la sibaritide in un contesto regionale con maggiore autorevolezza. Il comitato pro fusione aveva deciso a fino giugno, considerato l’atteggiamento ostativo dell’amministrazione comunale, di avviare una raccolta di firme da depositare presso l’ufficio di presidenza del consiglio comunale al fine di inserire il punto della fusione nell’agenda dei lavori. L’iniziativa del comitato venne interrotta perché alcuni amministratori presero l’impegno di portare a compimento l’idea di introdurre il punto nel civico consesso nella prima settimana di settembre. Ad oggi neanche a parlarne. Il sindaco Geraci da più tempo si dice favorevole alla fusione, ma il fatto che su Corigliano il percorso subisca una paralisi che dura ormai otto mesi pone due interrogativi: o Geraci è prigioniero di un gruppo avverso a tale scelta o mente? All’indomani del consiglio comunale in cui si doveva licenziare la delibera d’impulso Geraci assumeva l’impegno di dare avvio sin da subito ai lavori delle commissioni e dei capigruppo consiliari. Da allora di tempo ne è trascorso, e siamo ancora al punto di partenza. Gli ostacoli che si sono frapposti nel tempo hanno evidentemente posto il problema di come poter giustificare i ritardi. E allora ecco spuntare l’escamotage della fusione a freddo, del processo culturale dal basso, del campanilismo, e in ultimo, l’inserimento di Cassano. Non tralasciando l’intermezzo dell’area vasta, strumento decisamente diverso dalla fusione. In tanti a Corigliano ritengono che i rossanesi vogliano la fusione perché la città ha perso il tribunale, accusando anche il comitato pro fusione di strumentalizzare tale vicenda. E’ da vili attaccare il coordinatore del comitato Amerigo Minnicelli su questo punto, da tempo immemore impegnato in prima linea in una battaglia culturale di radicale cambiamento sin da quando il tribunale di Rossano era ben cementificato laddove era, e non si poneva proprio il problema della soppressione. In quel comitato ci sono persone, professionisti, imprenditori, operai, pubblici dipendenti, che nell’idea ci credono, soprattutto in questa fase di grave crisi che attraversa il Paese. Bisogna uscire dall’empasse: o dentro o fuori, assumendosi ognuno le proprie responsabilità. Un tiro e molla che mina la credibilità delle istituzioni e di chi le rappresenta. Occorre avere il coraggio delle proprie azioni: dire si o dire no. Sebbene si ponga comunque un problema di democrazia poiché quel “no” significa sottrarre ai cittadini la possibilità di pronunziarsi sull’argomento.
Tra l’altro il Governo Renzi promuove e finanzia le fusioni, nel caso di specie poi, sarebbe la prima sperimentazione in Italia di due comuni di siffatta portata. I benefici sono stati oltremodo esplicitati in più occasioni: finanziamento per le infrastrutturazioni, sforamento del patto di stabilità, priorità nelle poste di finanziamento. Chi si oppone è da considerare un irresponsabile, uno che non ha ben chiaro l’andamento dell’economia, della crisi, e della povertà imperante. Basta farsi un giro nei centri Caritas di Corigliano e di Rossano, per rendersi conto della realtà. Nostri concittadini, di nascosto per vergogna, chiedono pasti caldi. Ragionare con la “pancia piena” è facile e fa perdere di vista il valore della solidarietà.
(fonte L’Eco dello jonio)

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