Festa Repubblica. Giuseppina Callegari, la confinata antifascista a Rossano, racconto di Martino A. Rizzo

Se il 2 giugno è possibile festeggiare la nascita della Repubblica Italiana, lo si deve ai tantissimi che si batterono per riportare la democrazia nel nostro Paese. Tra questi piace ricordare Giuseppina Callegari, una donna eroica, antifascista rigorosa, che fu confinata a Rossano e di cui ormai solo in pochi conoscono la storia.

Il 6 ottobre 1936 la Commissione Provinciale di Milano, presieduta dal prefetto, emanò un’ordinanza che condannava Giuseppina Callegari a quattro anni di confino di polizia. Il 28 aprile la Commissione d’Appello respinse il ricorso presentato dall’interessata e così la condanna divenne definitiva. Giuseppina Callegari, dichiarata nell’ordinanza “pericolosa per gli ordinamenti dello Stato”, dovette trasferirsi nell’isola di Ponza, sede del confino che condivise con Sandro Pertini, Umberto Terracini, Camilla Ravera e tanti altri presenti nello stesso periodo sull’isola. Ammalatasi, il 26 febbraio 1939 fu ricoverata all’Ospedale degli Incurabili a Napoli e successivamente trasferita, a causa delle sue condizioni di salute, a Rossano dove arrivò il 9 giugno 1939.

Giuseppina Callegari era nata a Padova il 5 gennaio 1905 in una famiglia libertaria e socialista. Fin da giovane aveva provato profondi sentimenti di solidarietà per gli umili e i diseredati. Da studentessa, mentre gli altri si appuntavano sul petto il distintivo tricolore, lei si metteva un nastrino rosso suscitando la disapprovazione dei compagni di scuola.

Laureata a ventidue anni in matematica, ebbe il primo incarico di insegnamento all’istituto magistrale di Treviso. Qui però, avendo rifiutato di fare il saluto fascista e di prestare giuramento, venne licenziata. Nel frattempo aveva conseguito una seconda laurea in fisica, vinto una borsa di studio come assistente all’università, superato un concorso per l’insegnamento della matematica nei ginnasi superiori, ma poiché nei documenti che presentò mancava l’iscrizione al partito fascista, dovette accontentarsi della sola abilitazione all’insegnamento, senza però la cattedra. Insomma l’accesso nelle scuole pubbliche le era precluso, ma lei mai pensò di piegarsi e adeguarsi alle regole imposte dal fascismo. Così si trasferì a Milano per insegnare nelle scuole private e qui iniziò a frequentare i circoli antifascisti. Arrestata, detenuta a San Vittore, venne infine, come già detto, condannata al confino.

Arrivata a Rossano prese alloggio nell’Albergo Duilio, tra Piazza Steri e Piazza Santi Anargiri, di fronte al Palazzo Greco.

I proprietari dell’albergo, don Ciccio Montalti e la moglie Maria Preziosa Romano, si dimostrarono subito ospitali, cordiali e ben disposti verso questa giovane professoressa. Donna Preziosa pensò anche che avrebbe potuto dare lezioni private di matematica ai nipoti, ma ciò non fu possibile in quanto questa attività era vietata ai confinati.

All’epoca l’Albergo Duilio per la sua posizione, tra “i Steri” e “Santanaria”, fungeva anche da salotto per i notabili che si accomodavano con le sedie sul corso, davanti all’ingresso, sfruttando la posizione strategica che consentiva di tenere sotto controllo tutto l’anda e rianda cittadino.

All’Albergo Duilio pernottavano anche le cantanti che si esibivano al Teatro Nazionale nelle opere liriche e qualcuna non disdegnava le avances dei galletti locali più intraprendenti. Pertanto questa donna che era arrivata da sola nell’albergo, suscitò qualche interrogativo in questa platea incuriosita: “Chin’è chissa?”, “E covà è cà?” Per sopire tali curiosità Orazio Montalti, il figlio dei proprietari che gestiva l’albergo, presentò Giuseppina ad alcuni tra i più desiderosi di sapere. Le fecero molte domande alle quali lei rispose come ritenne opportuno, affatto intimorita e con distacco. Dice la Callegari: “Credo di aver passato un esame: ero una donna ‘disponibile’ o no? No, non lo ero e lo capirono benissimo. Quell’esame mi fu utile, perché tutti ebbero per me molto rispetto”.

Dopo un po’ di tempo Giuseppina si trasferì in un piccolo alloggio privato, una camera con servizio e l’entrata indipendente, su Corso Garibaldi.

L’appartamentino era di mastro Isidoro Toscano, ebanista, che abitava a fianco e la cui famiglia, la moglie Maria Rossi e il figlio Tinuzzo, la fece sentire una di casa. Cosimo Toscano (1923-1975), per tutti Tinuzzo, il figlio sedicenne di mastro Isidoro, studente liceale, futuro avvocato e sindaco di Rossano, in quelle giornate estive la accompagnava nella passeggiata che faceva ogni giorno, fino al Girone dove dallo spiazzo poteva ammirare il panorama della campagna e del mare. Ma un giorno il commissario di P.S. disse a Tinuzzo che era meglio evitare la camminata insieme alla pericolosa sovversiva.

Casa Toscano era frequentata dal comunista e antifascista Cesare Rossi, doppio cognato di mastro Isidoro perché ognuno di loro due aveva sposato la sorella dell’altro, Isidoro era coniugato con Maria Rossi e Cesare con Sigismina Toscano. Quindi il legame tra le due famiglie era strettissimo e così Giuseppina divenne grande amica anche dei Rossi.

A Rossano tutti portavano grande rispetto alla professoressa. In quell’epoca le donne uscivano poco di casa, neanche per fare la spesa, compito che era riservato agli uomini. Ma, per Giuseppina, era giocoforza girare da sola. La disinvoltura non le mancava e poi ancora non era entrata nella mentalità del posto. Comunque, come era sua abitudine, camminava spedita senza guardare nessuno. E nessuno osò mai importunarla. Se al mercato la bancarella del pesce era affollata, il vigile urbano le si avvicinava e le chiedeva cosa volesse comperare e poi, con grande tatto, faceva l’acquisto in sua vece. Alcuni avvocati di Rossano le fecero sapere che 1e loro biblioteche erano a sua disposizione. Giuseppina, però, con rammarico, ritenne

opportuno non accettare le cortesi offerte per non creare a questi generosi problemi con la polizia.

A Ponza, Giuseppina si era legata sentimentalmente a un altro confinato, Mario Mammucari (Roma, 2.3.1910 – Roma, 22.2.1997), che però aveva dovuto lasciare per venire a Rossano.

Sul finire del ’39 i due decisero di sposarsi e chiesero alle autorità di consentire a Mario di raggiungerla per le nozze. Cosa che avvenne nel gennaio del ’40 e dopo il matrimonio Mario potette restare a Rossano. Ne approfittò per completare gli studi e conseguire la laurea in matematica.

Sul suo soggiorno rossanese Mario Mammucari raccontò che ebbe modo di conoscere alcune famiglie antifasciste: quella dell’avvocato Giovanni Bruno, quella di don Bonifacino Giudiceandrea, farmacista di Calopezzati ma residente a Rossano per consentire ai figli di studiare, e ovviamente quella di Cesare Rossi.

Nel frattempo Giuseppina aveva avuto l’autorizzazione dal prefetto a poter impartire lezioni private, che quindi rappresentarono un’ottima occasione per superare

l’isolamento al quale erano obbligati i confinati e incontrarsi con i nuovi amici rossanesi per dibattere di politica.

Nel ’41, il Mediterraneo era diventato teatro di guerra e i confinati dovevano essere allontanati dalle zone costiere. Mammucari fu inviato in Abruzzo, a San Demetrio ne’ Vestini, dove arrivò nel mese di luglio. Terminato il ciclo di lezioni private che aveva in corso e trascorsi i quattro anni di confino, anche Giuseppina lasciò Rossano e raggiunse Mario in Abruzzo. Poi insieme parteciparono con ruoli di responsabilità alla lotta clandestina a Milano e a Torino, furono arrestati e liberati alla caduta del fascismo.

Successivamente continuarono il loro impegno politico, Mario nel sindacato e nel Partito Comunista nelle cui liste venne anche eletto senatore, Giuseppina nell’UDI, Unione Donne Italiane, e nel sindacato.

Di Rossano ambedue si portarono sempre dietro il ricordo affettuoso del comportamento cortese dei rossanesi nei loro confronti, a testimonianza della stima e del rispetto che in un modo o nell’altro, in quei due anni di soggiorno calabrese, non vennero mai meno.

 

PS. è possibile leggere il capitolo sul periodo rossanese di Giuseppina Callegari tratto dal libro autobiografico “Piccola borghese”. Ed. La Pietra, Milano 1986, insieme ad altre testimonianze, sul sito http://anticabibliotecacoriglianorossano.it/wp-content/uploads/2021/05/Callegari-Giuseppina-A-Rossano.-da-Piccola-Borghese-Ed.-Protagonisti-La-Pietra.-Milano-1986.pdf

I racconti di Martino A. Rizzo. Ogni mercoledì su I&C

Martino Antonio Rizzo, rossanese, vive da una vita a

Firenze. Per passione si occupa di ricerca storica

sul Risorgimento in Calabria. Nel 2012 ha pubblicato

il romanzo Le tentazioni della

politica e nel 2016 il saggio Il Brigante Palma e i misteri

del sequestro de Rosis. Nel 2017 ha fondato il sito

anticabibliotecacoriglianorossano.it. Nel 2019 ha curato la pubblicazione

dei volumetti Passo dopo passo nella Cattedrale di Rossano,

Passo dopo passo nella Chiesa di San Nilo a Rossano,

Le miniature del Codice Purpureo di Rossano.

Da fotografo dilettante cerca di cogliere

con gli scatti le mille sfaccettature del paese natio

e le sue foto sono state pubblicate nel volume di poesie

su Rossano Se chiudo gli occhi.

Una risposta

  1. Bravo Martino. Hai trovato il modo migliore per ricordare il 2 giugno. Il senso dell’ospitalità dei rossanesi o di alcuni di essi non si è attenuato nemmeno nei tristi periodi della nostra storia come il fascismo
    Il fatto che alcuni avvocati misero a disposizione i libri della loro biblioteca della dotta confinata antifascista è un segnale di apertura, un approccio culturale che ci concilia con il nostro passato. E rende ancora più bella e attuale l festa della Repubblica

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articoli correlati: