Elezioni 2016, a Rossano vince la politica circense

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Di MATTEO LAURIA
marincolo Strano ma vero. A Rossano, terra di nessuno, accade di tutto: mentre parte l’iniziativa condivisa dalla maggior parte dei candidati a sindaco di elevare una protesta contro uno Stato tanto latitante quanto assente, escono fuori nuove proposte che vanno in controtendenza all’orientamento intrapreso, ossia, l’aumento dei competitor. In lizza, secondo le ultime, anche Antonello Graziano, già consigliere comunale e assessore provinciale, pronto a scendere in campo con l’avallo di un’area moderata alle spalle. Si allunga dunque l’elenco in vista delle amministrative ma è indubbio che il caos regna come non mai. Nessuno mette paletti, ognuno va a ruota libera.
Qualcuno direbbe: sono i difetti della democrazia!
Ed ecco che poi ci si lamenta quando giungono i provvedimenti dall’alto, frutto di una netta incapacità della classe dirigente locale di saper trovare una soluzione nell’interesse della comunità. Si ha l’impressione, talvolta, di avere a che fare con degli arruffoni, spietati nel tentativo di ritagliarsi uno spazio nella gestione del potere, quasi non possano vivere senza.
Manca un momento di vera riflessione. Occorre giungere a un punto fermo. E soprattutto piantarla con la superficialità nelle decisioni. Sembra, in alcuni casi, che basta alzarsi al mattino e candidarsi a sindaco, senza uno straccio di delibera, espressione di uno o più partiti e/o di movimenti, senza sottoscrizioni di liste, etc., etc.
Ci si comporta come se fosse un gioco gettarsi nella mischia. E ognuno si sente abilitato dall’altro. Situazione mai vista in passato. Nelle ultime ore, tutti i candidati a sindaco si sono detti favorevoli a ritirare le liste nel caso in cui collegialmente vi fosse la massima convergenza. Eccezion fatta per i candidati Ernesto Rapani (Fdi-An) e Giuseppe Marincolo (Pdci), i quali per ragioni diverse ritengono che occorra un governo politico.
In particolare, Rapani rimprovera di non essere stato ascoltato quando, alla avvenuta chiusura del tribunale di Rossano, aveva proposto le dimissioni dei sindaci.
Il problema vero, pur ritenendo legittime le posizioni dei due, è che la città è in totale emergenza, sta crollando a pezzi, e nessun sindaco, da solo, può avere la pretesa di raggiungere risultati esaustivi. Negli ultimi vent’anni, è accaduto di tutto: la chiusura di stazioni ferroviarie, di ospedali, di presidi giudiziari, di sedi sanitarie (l’ex Asl), delle comunità montane, gli uffici pubblici sono stati declassati o sono in via di smantellamento, le reti infrastrutturali fatiscenti. Aumenta l’emigrazione e arretrano gli investimenti dei privati per mancanza di liquidità.
Le banche sono sempre più prudenti, la burocrazia arruffona, la politica accentratrice di potere che fa del bisogno l’arma vincente. Insomma, lo Stato è contro! Di fronte a cotanta arroganza, è necessario trovare unità. Le divisioni sono volute dagli arroganti e dai saccenti. Bene ha fatto chi si è detto favorevole a una unità d’intenti per far fronte alla logica isolazionista messa in campo nei confronti del territorio. Difeso da nessuno.
E i risultati parlano chiaro. Ma anche chi è propenso a ritirare la propria candidatura lo dice ma non lo fa. Le sole candidature di Rapani e Marincolo renderebbero moralmente nulle le elezioni. Quindi, se si crede nell’idea di disertare l’urna, che si vada avanti in maniera concreta. Nel frattempo, in questo contesto non certo favorevole a un clima di serenità, si procede sul fronte delle trattative.
Nel Pd la situazione non si sblocca. Il direttivo aveva indicato Sergio Caliò, il quale ha deciso di non decidere. Un ulteriore tentativo sarebbe stato compiuto nelle ultime ore nel corso di una cena. Ennesima fumata nera. Tuttavia, la stessa area che sostiene il magistrato sembra voler cambiare “cavallo” e puntare su un noto professionista della città piuttosto affermato, Franco Lavia, consulente del lavoro.
Si lavora su più fronti, ma manca la direttrice comune: se andare alle elezioni o posticiparle al prossimo autunno. Il dramma è che, se si dovesse optare per la prima soluzione, per come si è divisi, si rischierebbe l’instabilità di governo: un premio di maggioranza che, in uno stato di eccessivo frazionamento, difficilmente scatterebbe, e il fenomeno dell’anatra zoppa (esecutivo di segno opposto dalla maggioranza consiliare) che ci consegnerebbe un sindaco e un’amministrazione con le mani legate.
Se si dovesse optare per la seconda soluzione, invece, si lancerebbe allo Stato il messaggio forte di una città stanca di subire soprusi, con la possibilità di lavorare con più calma alla formazione di programmi, progetti, liste e candidati. Un minimo di maturità è richiesto per amore di una città oggi in declino.

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