Editoriale. L’antimafia ha il territorio sotto controllo? Credo di no…

Corigliano Rossano – In un solo anno ben 4 morti ammazzati e due ipotesi di lupara bianca. Nutro stima e rispetto nei confronti di quei magistrati, investigatori, operatori di polizia giudiziaria in prima linea contro la criminalità organizzata. Non è facile né semplice convivere quotidianamente  con l’idea di poter saltare in aria a botta di tritolo (come nei casi dei giudici Falcone e Borsellino), e trasformarsi da corpo sano o un mucchio di ossa da ricomporre. Perché è indubbio che se la “mala” vuole, decide e riesce a farti fuori. Non a caso la ‘ndrangheta risulta l’organizzazione criminale più pericolosa al mondo, con le sue regole, dinamiche e totale radicamento a livello internazionale. Seppure qualcuno potrebbe eccepire nell’affermare che è comunque una scelta di vita quella di operare nell’antimafia è pur vero che la “paura” è un qualcosa che agisce nell’inconscio, soprattutto quando si ha famiglia e figli e quindi il senso della responsabilità aumenta. Questo per riaffermare il mio senso di riconoscenza verso chi opera in ambito giudiziario contro quei poteri criminali non meglio definiti e che riescono a mimetizzarsi a tal punto che oggi non si sa chi si parli.  Premesso ciò, dobbiamo iniziare a riflettere sulla qualità dell’intelligence dalle nostre parti e non solo.  Credo che bisogna impedire questa mattanza: dietro dei morti ammazzati ci sono anche delle famiglie, dei figli, che si ritrovano senza genitori in un batter d’occhio perché trucidati a botta di kalashnikov. Immaginiamo un bimbo di 10 anni e più anni a cui bisogna nascondere una verità agghiacciante di un papà ucciso con metodi da carneficina come vivrà il percorso dell’infanzia e dell’adolescenza fino a scoprire, magari casualmente, come il suo papà venne ucciso. Abbiamo pertanto il dovere, ognuno di noi, di porre un argine a questa macelleria sociale. E fa male avvertire una cappa di silenzio la cui interpretazione oscilla tra l’omertà  e quell’incredibile mentalità secondo cui si accetta la mattanza tanto si ammazzano tra di loro! Perché purtroppo sussiste anche questa parte di società in-civile. Ho sempre immaginato nel corso degli anni una magistratura più innovativa  che potesse intervenire in via preventiva, anticipando gli eventi delittuosi evitando quindi le stragi, anche perché  oggi i mezzi ci sono. Mi viene in mente l’utilizzo nelle indagini penali dei trojan – malware in grado di captare diversi dati dai dispositivi telefonici, o anche l’impiego di agenti provocatori capaci si inserirsi nella rete criminale. Temo – mi vorrei sbagliare –  che l’intelligence abbia perso il polso della situazione nella Piana di Sibari, altrimenti saprebbe dove posizionare trojan, cimici e/o altre tecniche investigative,  ed evitare quella che si prefigura come una vera e propria macelleria umana. E tempo di dire basta a quella magistratura che arriva dopo, che riesce – quando va bene – ad incassare sentenze di condanna a distanza di 10/20 anni da un evento delittuoso. Dobbiamo ambire a un tipo di  magistratura moderna, efficiente ed efficace. I presupposti ci sono d’altronde.  E parlare in maniera riduttiva, quasi si volesse liquidare la questione lavandosene le mani, proponendo la solita storia del   potenziamento di uomini e mezzi, seppure importante, è solo uno specchietto politico per le allodole. Il vero contrasto avviene mettendo in campo professionalità e innovazione. 

Matteo Lauria – Direttore responsabile – I&C   

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