Editoriale. La semantica del consenso

editoriale

editoriale

Vi è una dimensione del linguaggio che promuove ad un diverso livello di comprensione il senso vero del parlante.
Ho già definito in un articolo precedente come il degrado politico sia direttamente collegato allo svuotamento di potere dei luoghi istituzionali e mortifero per i processi democratici.
Si potrebbe intendere tale assioma con quanto accaduto ieri nel nostro territorio, dove il commissario Bagnato, da tempo al centro di critiche politiche (in alcuni casi si è consumato un vero tiro al bersaglio)è stato “ esautorato” dall’on. Graziani, neo sindaco in pectore che ha invitato tutti i cittadini a non cadere in inutili allarmismi che da qualche tempo il giovane Stasi dissemina qua e là, quasi fosse portatore sano di una malattia contagiosa.Questo il proscenio che ieri plasticamente ha definito le parti in lizza sul piano politico e comunicativo della Città unica.
Il conflitto verbale che si è tenuto, come da storytelling, muove da una struttura ben conosciuta dagli esperti della comunicazione ed è utilizzata da molti politici che mirano al sodo e che non sprecano tempo ,se non per un’economia del consenso elettorale, nel considerare le cause e le possibili soluzioni ai problemi del territorio.
L’interesse, difatti, in questo caso, non è il bene collettivo che pure appare sullo sfondo, ma è quello di “individuare”un nemico da porre ad antagonista.
Ecco a cosa, quindi, si riduce il consenso: una sorta di fuffa che viene data per indirizzo politico ma che difatti è privo di ogni qualsivoglia contenuto vero, reale perseguibile. La città partecipa,quidi, in modo teleguidato al gioco del “chi si scopre per primo?”, che i politici vecchi e giovani sono avvezzi a realizzare durante le campagne elettorali.Un degrado a cui spesso assistiamo con grande disagio e che spiega il perché vi sia una metà della popolazione che non si reca alle urne e che ormai ritiene irreversibile tale condizione in cui versa la classe politica. I problemi, quindi, restano, anzi, si acuiscono poiché, ed è qui che casca l’asino, non si hanno competenze per porre in essere gli strumenti di cui , nella fattispecie sono dotati le due ex città. Strumenti di pianificazione e programmazione strategica del territorio certamente complessi che costituiscono l’ossatura di una serie possibile di scenari che potrebbero in virtù di scelte politiche mirate , modificare ,condizionare, riqualificare o dare definitivamente una svolta risolutiva al territorio. Non dico che tali strumenti siano perfetti , anzi! Come comitato Coriliani siamo più volte intervenuti al fine di contenere le distorsioni,in alcuni casi volontarie, che avrebbero favorito chi ha occhi e mani dappertutto. Siamo intervenuti ad esempio sull’aspetto delle demolizioni di edifici abusivi lungo l’asse Pirro Malena-Fabrizio, che gli allora redattori del PSA, in uno slancio di “radiamo tutto al suolo” volevano ripulire, dimenticandosi:
-dei vincoli paesaggistici e dei beni culturali che insistono su quell’area , diverse costruzioni OVS;
-di un riconosciuto coefficiente minimo per una riedificazione in sito o in altro luogo;
-dell’aspetto più importante che andrebbe certo a favorire i proprietari di quei terreni di pregio essendo quell’area luogo strategico per la nuova città, nonostante,quindi, le costruzioni abusive.
Come si può ben intendere la politica serve a rimediare ai guasti ed agli abusi, ma anche a frenare quelle manine che vorrebbero speculare ai danni del più debole. E’ certo semplificativo portarle questo esempio ma è questa la politica che dovrebbe farsi sul territorio e non partecipare al teatrino solito di due contendenti che non dichiarano le loro intenzioni politiche relative allo sviluppo e salvaguardia del territorio e non accennano ad alcun riferimento normativo d’indirizzo con le quali tali politiche andrebbero perseguite.

Ed è qui che sta la differenza tra l’eroe baldanzoso che si presenta con la sua lucente armatura ed una comunità civile che si fa carico dei guasti della politica trascorsa . La differenza staproprio in quelle proposizioni di sviluppo che muovono da analisi programmatiche e da nuovi strumenti urbanistici. Momenti democratici, peraltro, partecipati anche da quei nullafacenti (stakeholder) che purtroppo oggi soffrono di una dimensione occupazionale in piena crisi e anello debole della nostra comunità.
Una Città di ottantamila abitanti, con problematiche da far tremare i polsi ad uno statista, e potenzialità inespresse e quindi inattive, non si risolve con dei comunicati stampa o qualche attività di civismo ma sfidando quella possibilità che ci viene offerta dalla fusione e che deve intendersi attuabile, democratica , efficace, trasparente. Questo dovrebbe intendersi far politica per il territorio!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articoli correlati: