Editoriale. Il segreto di Mimmo Lucano a Riace: autogestione della povertà

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Non è necessario essere nati a meno di dieci km da Riace, come il sottoscritto, per capire che quello che ha messo in piedi un coraggioso sindaco contiene qualcosa di rivoluzionario, che però con le rivoluzioni della storia europea ha poco a che vedere. Girando tra i vicoli del paesello alcuni anni fa entrando nei piccoli negozietti del rinato centro storico di Riace, sentivo nelle parole della commerciante l’entusiasmo di chi proponeva oggetti fatti a mano a poco prezzo, di grande bellezza e pieni di grande umanità. Guardavo il sindaco che teneva il consiglio comunale o qualcosa del genere all’aperto in una grande tavolata vicino al bar della piazza e pur comprendendo l’estrema convivialità delle istituzioni del paese, percepivo la sintonia ,il feeling davvero nuovo che si sentiva a fior di pelle ad ogni angolo di strada tra l’istituzione e i cittadini. Era come se sotto i miei piedi che calpestavano le pietre del selciato nel centro storico si sentisse non il rumore dei passi, ma una brezza strana dall’odore della democrazia diretta. I cittadini che parlano col sindaco direttamente su questo o quello, il sindaco che si riunisce con loro in piazza, gli emigrati integrati che accompagnano l’asino che raccoglie le sporte di rifiuti casa per casa, le donne di colore coi bambini che senza conoscerti ti salutano e ti avvicinano manifestandoti la buona accoglienza, il benvenuto. Ecco in quelle tre ore dell’ultima visita di cinque o sei anni fa nel centro storico di Riace, queste sensazioni correvano nelle pieghe dei miei abiti e me ne ritornavo al paese vicino, qualche chilometro più a Nord nella costa dello jonio meridionale di Calabria: sereno e sollevato, esattamente con la stessa soddisfazione intima che mi prendeva dopo le visite di accompagnatore di turisti nell’oasi del WWF di Cozzo del Pesco nella montagna di Rossano. La contraddizione però c’era, ugualmente, nonostante le belle impressioni della visita, e stava in quelle centinaia di immigrati educati e rispettosi che riempivano le strade tra la marina e il centro storico, che non facevano parte del progetto di accoglienza (ma questo lo capii dopo), che in realtà si trattenevano provvisoriamente nel paese per qualche mese e poi ripartivano in cerca di fortuna per il Nord Italia porta dell’Europa. Chi poteva garantire che quegli esseri umani in povertà, in cerca di fortuna sarebbero sfuggiti al destino di altri loro coetanei finiti a fare lavoro nero o sottopagato, o in pochi casi, ma non trascurabili, a fare qualcosa di peggio fuori dalle regole della società?  Perché un uomo( specie se è fuori dalla sua patria) quando non ha alternative per sopravvivere, o anche quando frequenta cattive amicizie, ci vuole un attimo perché sbagli. E allora nella autogestione della povertà praticata da Mimmo Lucano, con il sacrificio di chi è stato eletto che dona  il suo tempo( insieme a quello dei suoi collaboratori) gratuitamente per il bene dei suoi concittadini, e con esso il suo carico di emozioni, c’è sì la crescita economica di un paese(che si vede sia nella rinascita del centro storico, sia nell’ampliamento edilizio del paese della marina, in riva al mare), ma c’è anche lo spontaneismo di una piccola comunità che non può assorbire i problemi più grandi lei che la circondano e che la sfiorano di fatto quando Riace diventa un porto di mare per migliaia di emigranti che poi se ne vanno da altre parti.  Sicuramente quegli uomini di colore che hanno visto a Riace come ci si può integrare in un piccolo paesino, ripartono con un modello in testa, ma quando poi si scontrano con la realtà del mondo nelle periferie urbane sia delle nostre città che di quelle europee a che cosa vanno incontro? E’la mancanza di una politica unitaria dell’integrazione in tutta l’Europa il vero nocciolo del problema ed è inutile prendersela con un uomo che si è donato al bene della sua comunità, magari violando le regole o interpretandole in modo suo. Siamo noi europei che fino ad ora ci siamo rifiutati di affrontare il problema con raziocinio e in modo unitario, preferendo le soluzioni caso per caso, stato per stato, senza capire che questi giovani africani o asiatici attraversano tutta l’Europa senza distinzione tra il confine della Francia e dell’Olanda, o della Germania. Per loro l’Europa è una e dove c’è il loro amico che gli offre un tetto sicuro e una speranza di lavoro essi vanno. C’è però un altro aspetto, a dirla tutta, nella questione Riace: il fastidio alla ‘ndrangheta. Sì perché il sindaco di Riace ha escogitato un sistema per provvedere da solo, senza alcun inquinamento, ma in modo sostenibile, alla gestione dei rifiuti del suo comune. Non aveva i soldi per pagare la società di multiservizi della Locride e s’è inventato una raccolta porta a porta gestita dagli immigrati che si accontentano dell’accoglienza nel paese e di poco più, ma in questo modo è uscito dal circuito dove la mafia lucra in tutta la Calabria: fornendo i mezzi di trasporto che girano come marionette avanti indietro pagata dai soldi pubblici e ripiazzando i rifiuti nelle discariche a prezzi di euro sonanti, perché la Calabria, a distanza di tanti anni non ha  impianti moderni di riciclaggio dei rifiuti, e ciò che si separa va o in Puglia o in Campania, e il rimanente che è la parte del leone  finora è sotterrato nelle discariche dove ancora ad oggi in qualche maniera gli interessi criminali hanno trovato albergo. E allora se il modello di Riace di autogestione dei rifiuti nei piccoli comuni si generalizzasse in una terra fatta di piccoli comuni montani, collinari e costieri, il guadagno per le società che gestiscono in modo centralizzato i rifiuti finirebbe presto. Solo così riesco a spiegare a me stesso la solerzia con cui i funzionari del ministero dell’Interno hanno messo in scacco Mimmo Lucano: ma come, essi hanno lasciato le cooperative di accoglienza dei migranti a Roma rubarsi i milioni e invece, insieme alla procura delle nebbie di Locri hanno in quattro e quattr’otto incriminato il sindaco di un paesino piccolo piccolo? Ma veramente vogliamo credere alle favole? Non m’importa se le racconta Minniti (che ha iniziato da ministro dell’interno la procedura contro Riace) o qualche bacchettone alla Gasparri o Salvini che l’ha portata a termine. I conti non mi tornano ugualmente, Per essere avvenuta una cosa del genere ci sono pressioni di interessi molto forti che non si riducono a politica, ma che attraversano trasversalmente la politica, purtroppo. Io la penso così, per essermi occupato da ambientalista per almeno due decenni anche di rifiuti in Calabria.  Ma questa storia non finirà così, ne sono certo, ci saranno altre sorprese. Diamo tempo al tempo.

FABIO MENIN

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