Editoriale. Fusione, uffici e personale: classe dirigente immatura

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Insomma, il tempo per alcuni è come se si fosse davvero fermato e, purtroppo, non ai tempi di oggi.  A fare i “conservatori” ci si guadagna in consenso, secondo taluni. Anche se le urne, nell’ottobre scorso hanno detto ben altro. Ma cosa vuoi che sia un referendum, soprattutto quando si registra una percentuale alta di astensionismo, come se gli aventi diritto rimasti a casa fossero stati impediti con la forza a recarsi al voto. Piaccia o non piaccia questo è il gioco della democrazia. Pur rispettando le opinioni diverse, quando vi è un verdetto elettivo occorrerebbe prenderne atto, se non altro in ossequio al sacrosanto principio di sovranità popolare. Ma in Italia ormai è tutto consentito, si vota l’atto d’impulso a favore della fusione e poi si rimane con la testa ancorata al campanile. Si può dire di tutto e il contrario di tutto, la bussola del disordine mentale è ormai impazzita, e travolge finanche coloro che sono riconosciuti leader, almeno fino a qualche tempo fa. Liberi di essere favorevoli o contrari alla fusione dei comuni di Corigliano Rossano, anche se quest’argomento è ormai datato, legittimo nella fase referendaria, decisamente fuori luogo oggi in piena attività commissariale e a un anno dalle elezioni amministrative per l’insediamento del primo organo politico della nuova città. E’ da quel momento in poi che si inizieranno a vedere gli effetti della terza città della Calabria, quando avremo un organo politico alla guida dell’ente. Dico questo senza nulla togliere al lavoro dei commissari che, in quanto espressione prefettizia, svolgono una funzione neutra e rispettosa delle varie volontà.

E’ ora in atto un dibattito che, a mio parere, ritengo immaturo, vecchio, lontano dalla portata delle vere sfide che ci attendono: spostamento di uffici e di personale da Corigliano a Rossano e viceversa. E’ la solita storia che si ripete, trita e ritrita, vissuta anche nel grave settore della sanità che ha generato in parte l’attuale sottodimensionamento. Come non ricordare il Dipartimento di emergenza e di accettazione: lavori appaltati, iniziati con la prima picconatura e che grazie a un ricorso al Tar furono bloccati, perdendo Dea e finanziamento. Il tutto in chiave “ospedale nuovo”. Perdemmo anche la radioterapia per queste ragioni, necessaria in una terra che riscontra alte percentuali di malati oncologici.

L’aspetto curioso è che quando coriglianesi e rossanesi vivono in altre parti d’Italia, subiscono in silenzio viaggi davvero tortuosi. Come chi vive a Roma, abita all’Eur e lavora magari a  San Giovanni, sottoposto a viaggi chilometrici quotidiani e li fa senza battere ciglio. Qui, da noi, si grida allo scandalo se un rossanese deve andare a Corigliano o viceversa, perché vogliamo tutto sotto casa, in un periodo in cui tra l’altro non abbiamo nulla. Persone di buon senso, con un minimo di logica, non affette dalla sindrome dell’orticello, con una visione ampia della vita, direbbero che gli uffici, in attesa di una eventuale cittadella a Insiti, si dispongono in base alle esigenze della forza lavoro in primo luogo  e se rispondono a criteri di economicità oltre che di comodità di accesso al cittadino in seconda battuta. E il compito delle scelte, in questa fase, spetta ai commissari, né ai parlamentari di qualsivoglia partito, né a ex sindaci, né partiti o movimenti. Una cosa è esprimere un punto di vista altra cosa è interferire nelle attività dell’ufficio del commissario. Che deve essere libero, autonomo e indipendente, lontano da pressioni o ingerenze. E’ questione di stile, di garbo, e, mi sia consentito, di rispetto istituzionale.

I cittadini si sono espressi e vogliono la città unica. I disfattisti, liberi di rimanere tali, possono trovare spazio sui social, nelle proprie bacheche, sui giornalisti, in tv, ma certo non esercitare condizionamenti nell’esercizio delle funzioni prefettizie. In questa fase, come dicevo, c’è chi anima vecchi e sciocchi retaggi. Si richiama il debito del servizio idrico di 1.3milioni di euro sostenendo la tesi secondo la quale una larga parte di esso (1 milione di euro) sia da ricondurre ai rossanesi. Quasi come dire che i coriglianesi pagano i debiti dei rossanesi. Ma si può continuare a questi livelli? E’ come se di rimbalzo si riprendessero le tesi di un noto e affermato professionista nel settore delle finanze, studi accademici di tutto rispetto (la “Bocconi” di Milano), tra l’altro assessore di fiducia dell’ex sindaco Geraci, Enzo Claudio Siinardi, non certo il primo Pinco Pallo qualsiasi, che attribuisce alla gestione Geraci ben 63milioni di euro di debiti. E quindi? I rossanesi cosa dovrebbero dire? Cessiamo questo gioco al massacro e uniamo le forze per costruire una grande città, senza più divisioni.

Matteo Lauria – Direttore testata giornalistica I&C

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