Editoriale. Corigliano Rossano, il cambio di passo

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A distanza di circa un anno dalle elezioni comunali della nuova Città, si impone di cominciare a fare i primi consuntivi, poiché potrebbe essere un primo termine per valutare se: parte di quanto di quello che si è detto in campagna elettorale si è fatto o si è cominciato a fare in concreto, anche se per correttezza bisogna defalcare il periodo del coronavirus, che certamente ha rallentato -quantomeno – l’iter delle ipotesi progettuali.

Non credo che occorre guardare ai singoli problemi (seppur importanti) per cominciare a giudicare, ma bisogna analizzare la filosofia di fondo e la sensazione che si respira dell’agire amministrativo e soprattutto del governare che è tutta un’altra cosa, ed anche dei rapporti con i dirigenti e il personale tutto, non dando retta a yes man buoni per ogni stagione e spesso double face.

Scrivere che tutto va bene o tutto va male, non è efficace, ma nemmeno limitarsi alle veline di palazzo che lasciano, spesso, il tempo che trovano, e soprattutto non guardare all’ordinario ma a progetti da iniziare per dare al territorio l’autorevolezza che storicamente gli compete.

In realtà, occorre rispondere alla domanda: si è contenti dell’andamento di una consiliatura votata con quasi un plebiscito dalla popolazione, che probabilmente voleva cambiare lo stato delle cose, ritenuto a torto o a ragione insoddisfacente ?

A scuola quando non si vuole offendere la sensibilità di un alunno, nel parlare con i genitori che chiedono informazioni sull’andamento scolastico, si suole dire “ è intelligente ma non si applica ”; in politica in tempi dove impera  il pessapochismo organizzato, si sente la riflessione che dovrebbe essere una giustificazione “ però lavora tutto il giorno”, ma soltanto ciò spesso non basta.

Allora cosa può fare un sindaco per cercare di correggere eventuali errori, se poniamo che il tema sia la capacità di governo unita alla competenza.

Una via è l’azzeramento della giunta, che non vuol dire cambiare tutti gli assessori, ma aprire una fase di riflessione dell’operato di ognuno, previo report anche delle cose in itinere, che può portare anche alla riconferma; facendo salva la possibilità che ci possa essere un’errata comunicazione delle cose fatte e dei risultati raggiunti o che si vuole raggiungere; in tal caso si aprirebbe un’altra questione e responsabilità non politiche.

Sarebbe un peccato perdere un consenso soltanto per non ammettere che forse l’amministrare non è cosa che può fare chiunque:  ci vuole coraggio. Ma ciò non può mancare a chi ha vinto le elezioni ed è l’unico riferimento (a torto o a ragione) elettorale della gente che ha dato fiducia, e deve sciogliere con determinazione i nodi che possono trovarsi sul cammino e cercare di porre rimedi, per evitare la tentazione insidiosa di rinviare e non decidere, perseverando inutilmente nello status quo ante, che in politica non è mai foriero di successo futuro, ma ovviamente spero di sbagliarmi.

 

                                                                                                  Avv. Luigi Fraia

 

 

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