Donne in montagna, l’escursione in Sila che celebra natura e femminile

Un’escursione differente, una giornata diversa.

Questo e tanto altro è stato l’evento “Donne in montagna” perché, in montagna, le donne (e gli uomini) sono determinate come querce e diventano giganti come i pini larici…

Donne in montagna nasce nel 2020 per celebrare lei, l’unica donna: madre natura. Ogni anno una tematica diversa caratterizza la manifestazione.

Il percorso dei Sassi di Còcciolo – caratterizzato da splendide emersioni granitiche – ha offerto ai presenti lo spunto per poter dare a questa escursione l’impronta della forza, della capacità di rinascita, della crescita in senso ampio del genere umano.

Nel briefing, le parole del presidente dell’associazione “Il Barattolo Ecotronei” hanno posto l’accento sulla celebrazione della donna per eccellenza: madre natura, nel cui ventre siamo nati, invitando gli astanti a farsi a loro volta ventre per accogliere ed avvicinare gli altri e creare una comunità così come fanno gli alberi nel bosco. Ma farsi ventre significa anche custodire e portare a termine un processo che vuole vicini, e non contrapposti, donne e uomini.

A condurre l’escursione il vicepresidente, Giovanni Vizza, guida AIGAE e guida del Parco Nazionale della Sila, coadiuvato da altre quattro guide AIGAE Francesca Davoli, Andrea Sabato, Antonio Pullano e Antonio Gareri. Il loro ruolo, già ricordato nel briefing, di mediatori culturali e interpreti della natura, ha preso corpo durante il cammino, ed ha trovato il suo apice nel momento empatico, che si è rivelato in un crescendo di emozioni.

In questo momento si è dato spazio alla tematica della quarta edizione, dedicata alle donne calabresi, vera forza della nostra regione e vere eroine di coraggio e sacrificio. Si è partiti dagli strumenti della quotidianità, delle donne di un tempo, le nostre nonne, le nostre mamme. In particolare l’attenzione si è rivolta al fuso che, col suo ballo, quasi ipnotico, permette ai diversi fili di interagire e prendere nuova vita insieme. Di questa simbologia abbiamo voluto cogliere il significato più pieno: dalle mani della filatrice, il filato è passato in ogni mano, ma soprattutto in ogni cuore perché ha creato una connessione di emozioni regalandoci momenti di grande pathos.

Ognuno si è aperto all’altro raccontando il proprio vissuto guardando al passato con una lacrima di nostalgia, di ricordo, di malinconia e sperando nel futuro e nella crescita delle giovani donne del domani calabrese. La nonna con la pignata sempre pronta accanto al fuoco, la mamma al fiume a fare “a vucata”, la zia ad impastare “a fatta du pane” di notte, la vicina a fare la calza “ara ruga” sono state l’esempio, condiviso da donne ed uomini, di donne che hanno saputo con semplicità trasmettere valori che abbiamo il dovere di custodire e tramandare ai nostri figli.

È stata un’opportunità per ricordare a sé stessi che la società odierna ci porta verso ritmi frenetici a cui tante volte siamo stanchi di rispondere. E, allora, la risposta diventa la natura, perché, in natura, il tempo assume un significato lento in cui hanno importanza non solo i propri sentimenti ma anche quelli degli altri, dove ha importanza il prendersi cura.

È stata un’occasione per dire che dobbiamo cambiare il punto di vista, senza dimenticare la vista del punto. Il punto è che oggi più che mai dobbiamo rivolgerci alla natura come all’unica salvezza della nostra vita. Il punto di vista è che solo frequentandola e amandola, possiamo innamorarcene e, di conseguenza, operare la scelta di non volerla abbandonare.

 

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