Covid, i test rapidi usati in Calabria dal 20 dicembre non sono attendibili: è caos screening

Il dubbio sulla reale attendibilità dei test rapidi acquistati in gran numero dal commissario nazionale per l’emergenza Covid, Domenico Arcuri, era già insorto ad agosto, quando da uno studio pubblicato dalla rivista scientifica, Journal of Clinical Virology, si era desunta una sensibilità del test tra l’11,1% e il 45,7%. Una circostanza che non ha però impedito una distribuzione massiva su tutto il territorio nazionale del kit prodotto in Sud Corea. Invitalia a novembre ne aveva già in pancia una quantità notevole e pagata con un fiume di denaro pubblico: 13 milioni di kit alla considerevole somma di 32 milioni di euro (come riportato da Sky Tg 24).
Il test Biocredit
Si tratta, nello specifico, del tampone antigenico a marchio Biocredit che ha un prezzo di mercato del valore di 3,50 euro a kit. Nulla a che vedere con il competitor molto più costoso ma anche più attendibile commercializzato con marchio Abbott: 93,3% di sensibilità. Il valore di mercato di quest’ultimo kit ha subìto nel corso dell’emergenza diverse fluttuazioni. Nei primi mesi della pandemia era possibile acquistare il prodotto direttamente dalla casa produttrice per circa 7 euro a kit, ma quando la richiesta è cresciuta, è lievitato anche il prezzo che ha raggiunto anche 12,50 euro a kit, ma oggi assestato a 8,30 euro a pezzo. Più del doppio del primo.
Scoppia il caso a Reggio
E la Calabria, ovviamente, non è rimasta immune dalla distribuzione massiva operata dalla Protezione Civile in tutta Italia. Il caso dei tamponi antigenici a marchio Biocredit è scoppiato nei giorni scorsi a Reggio Calabria dove la task force anti covid, e in particolare il virologo clinico Fabio Foti, coordinatore dell’attività di “testing e tracing”, ha posto dei dubbi strutturando una vera e propria verifica dell’attendibilità grazie a uno screening analizzato in sinergia con il policlinico di Catanzaro. I dati emersi sono quelli che si temevano. I kit arrivati proprio per effettuare lo screening di massa sulla popolazione non sono adeguati. Così il comune di Reggio Calabria, che diversamente da altri enti che hanno subito distribuito i test impiegandoli, li ha preventivamente bloccati e dei 70mila ricevuti solo 1700 sono stati realmente somministrati. Adesso queste scorte rimarranno chiuse e inutilizzate o somministrati a soggetti esclusivamente sintomatici e/o paucisintomatici (cioè con sintomi lievi) previa prescrizione medica ed obbligatoria ripetizione dopo 2-4 giorni, poiché, come spiega la task force reggina, in questo caso «mostrano invece un notevole incremento dei valori di performance e quindi, in mancanza di altro test a lettura a fluorescenza disponibile, possono essere utilizzati». Reggio ha fatto da apripista e, oltre a non usare per lo screening di massa i tamponi che si sono dimostrati inadeguati, si è già mossa per richiedere i test a fluorescenza.

In uso già a dicembre
Ma i kit erano già in uso in Calabria da diverso tempo. Era il 20 di dicembre quando il sindaco di Catanzaro, Sergio Abramo, in una nota forniva il resoconto della prima giornata di screening effettuata nel drive through allestito nel quartiere Sala. Su oltre cento tamponi eseguiti, nessun positivo rilevato. Erano i primi giorni di applicazione dell’ordinanza regionale vergata dal presidente ff della Regione Calabria, Nino Spirlì: la numero 97 del 18 dicembre, in cui si autorizzava l’uso di test rapidi da somministrare alle persone che intendevano fare rientro in Calabria durante le festività natalizie. Ma già allora la Protezione civile regionale aveva ricevuto e, quindi, distribuito a sua volta nelle cinque province calabresi il lotto di tamponi antigenici a marchio Biocredit. Gran parte della campagna di screening avviata a ridosso e durante le festività natalizie, quando il numero di rientri aumentava di giorni in giorno, è stata realizzata con il test rapido prodotto in Sud Corea.
fonte LaCnews24

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