Corigliano Rossano. Maggiornanza: Dalla crisi agrumicola al rilancio della Meris


CORIGLIANO ROSSANO, 4 gennaio 2021 – A fine maggio del 2020 la
Commissione europea ha messo a punto la strategia “Farm to Fork”, un
piano decennale per guidare la transizione verso un sistema alimentare
equo e rispettoso dell’ambiente. La “Farm to Fork” è una strategia
che tocca molti aspetti della filiera alimentare, dall’agricoltura
fino al modo in cui vengono etichettati gli alimenti. Ogni Stato
membro dell’Ue dovrà seguirla, adottando norme a livello nazionale che
consentano di contribuire a raggiungere gli obiettivi stabiliti
dell’Ue. I Paesi membri godranno di eventuali misure di sostegno
aggiuntive nel corso dell’implementazione della strategia.
Una strategia di fondamentale importanza ma che sicuramente “non
colpirà” il comparto agrumicolo calabrese, sibarita o nazionale, ma lo
sovvenzionerà e aiuterà con progetti di economie di prossimità e con
tutta una serie di prescrizioni ambientali volte a rafforzare la
consapevolezza nutrizionale e la salubrità nei consumatori circa i
prodotti consumati.
Le clementine di Calabria sono un prodotto IGP (Indicazione Geografica
Protetta) dal 1997 riconosciuto dalla UE e che in parte ha già nel suo
disciplinare molte delle garanzie richieste sotto il profilo del
rispetto e della sicurezza ambientale previste dal programma “Farm to
Fork”. Per quanto riguarda la zona di produzione della Clementina di
Calabria IGP il disciplinare è molto rigido e comprende soltanto
determinate aree.
Avendo le nostre clementine il marchio IGP non ha alcun senso pratico
e necessità chiederne anche la De.Co. (denominazione comunale)
Come più volte sottolineato, specificato, reso chiaro in consiglio
comunale, non si possono sovrapporre i marchi. Gli articoli 10 e 11
del Regolamento (CE) n. 510/2006, del Consiglio dell’Unione Europea
del 20 marzo 2006, relativo alla protezione delle indicazioni
geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli e
alimentari, prescrivono l’assoggettamento degli operatori che
producono prodotti a DOP o a IGP ad un sistema di controlli ufficiali,
affidati ad organismi in possesso di particolari requisiti. Tali
organismi, incaricati di verificare il rispetto del disciplinare di
produzione e degli obblighi imposti da tale Regolamento, vengono
designati direttamente dagli Stati membri.
L’art. 2, comma 3, del decreto legislativo 19 novembre 2004, n. 297,
di recepimento della normativa comunitaria nell’ordinamento italiano,
lascia chiaramente intendere che è vietato, per i produttori, apporre
in etichetta diciture contrastanti con la normativa vigente. Ne
consegue che il marchio De.Co. non può ritenersi consentito per tali
produzioni, generando nel consumatore la convinzione dello svolgimento
di un’attività di vigilanza o di controllo ulteriore rispetto a quella
per legge attribuita in via esclusiva ai Consorzi di Tutela ed alle
strutture di controllo riconosciute al Mipaaf (Ministero delle
politiche agricole alimentari e forestali).
Dopo questa lunga, ma inevitabile premessa, ci troviamo come
maggioranza comunale a smentire alcune delle affermazioni fatte dalla
minoranza (meno uno) nel loro ultimo tazebao dato alle stampe. Non è
affatto vero che noi non avessimo un deliberato, lo avevamo e lo
abbiamo anche votato come maggioranza! Avevamo anche tentato una
mediazione con la minoranza, accogliendo alcune delle loro richieste,
arrivando a una sintesi condivisa. Purtroppo, i mediatori – Vincenzo
Scarcello (Udc) e Francesco Madeo (Gente di Mare) – sono stati, come
possiamo dire, smentiti dalla loro stessa compagine che ha preferito
lasciare l’aula invece di votare un deliberato condiviso anche con le
città di Rosarno e Cassano.
La crisi agrumicola calabrese ha radici lontane nel tempo e motivi di
varia natura, nessuno di questi attribuibile all’attuale governo della
città, né tantomeno al singolo vicesindaco Malavolta, come ben sanno
dalla minoranza, composta anche da uomini che da decenni siedono sugli
scranni del consiglio comunale. Alcuni di loro nel tempo hanno avuto
anche ruoli di vertice quando erano maggioranza.
Questione Meris: altra vicenda sulla quale la minoranza sta facendo
disinformazione. La MERIS, Società di gestione del Mercato Ittico, da
anni versa in enormi difficoltà. La maggioranza, con l’assessore al
Bilancio Palermo, ha deliberato di dare mandato al legale
rappresentante della Meris – Mercato Ittico Schiavonea di predisporre
un “piano di risanamento” anche attraverso il ricorso, previa
autorizzazione da parte dell’ente, ed il conferimento di incarico ad
hoc a professionisti esterni di comprovata esperienza professionale
nel settore, che possa essere sottoposto all’assemblea dei soci per la
sua approvazione, in coerenza con l’ipotesi di percorso amministrativo
e societario finalizzato al all’adozione di una deliberazione di
revoca della liquidazione ex art. 2487-ter C.C. e al rilancio della
società. Si è dunque deliberato un piano di risanamento con il
successivo finanziamento per un piano per il rilancio industriale.
Ovviamente se si fosse scelto di metterla in liquidazione, avrebbe
significato non crederci più.
La minoranza ha votato contro il rifinanziamento della Meris e allo
stesso tempo però ci accusa di non avere un progetto politico per il
suo rilancio. Qualcosa non torna.
Se le forze di minoranza consiliare fossero più accorte e attente al
bene comune e si dedicassero di meno al citazionismo spinto e alla
battuta facile, potremmo far crescere questa città per come merita.

I GRUPPI CONSILIARI DI MAGGIORANZA

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