Cattedrale di Rossano. Nel mese mariano, venerazione dell’Achiropita

Corigliano Rossano – Sin dai tempi più remoti il popolo di fede cristiana, in particolare quello rossanese, ha un fortissimo legame con la Madre Celeste. A suggellare questo fortissimo legame, credenti e non in alcuni periodi dell’anno si raccolgono intorno all’antichissima immagine della Vergine Madre di Dio, custodita nella Cattedrale di Rossano. La Theotòkos (Madre di Dio) viene venerata dai fedeli rossanesi con l’appellativo “Achiropita”, cioè non dipinta da mano umana. Nei secoli grazie a varie donazioni d’oro e d’argento è stata creata una statua che viene portata in processione per le vie della città in alcuni periodi dell’anno liturgico. È a lei che in tutto il mese di maggio (come ricorda Gennaro Mercogliano, appassionato studioso di storia bizantina) veniva dedicata una particolare venerazione con rosari e preghiere devozionali e con “una novena nella chiesa che fu delle Clarisse, contigua alla Cattedrale”. Infatti, nei vari vicoli del centro storico era possibile ascoltare delle dolcissime preghiere che invocavano la sua protezione. Consuetudini “che attendono ancora qualcuno che le rinnovi” in un tempo nel quale, con la nascita dei centri urbani lungo la costa e il relativo sviluppo commerciale e culturale allo Scalo, il centro storico si è andato spopolando e anche le bellissime tradizioni con il passare del tempo rischiano di affievolirsi. I giovani lasciano il territorio alla ricerca di un futuro migliore e in quelle strade e vicoli dove un tempo si ascoltavano voci e rumori non rimane che l’abbandono. Molte antichissime chiese del centro storico, infatti, sono in completo abbandono. Mercogliano, per nominarne una, mi segnala l’antichità e il valore particolare della chiesa bizantina di San Nicola l’Olivo, dove, “fino a qualche tempo fa si poteva ammirare una preziosa acquasantiera bizantina, probabilmente trasferita nel Museo diocesano”. Il monito che si vuole lanciare ai giovani, ai ragazzi e alle ragazze è quello di legare la propria vita alle tradizione che hanno accompagnato ”ab antiquo” il territorio, costituendone la civiltà che non muore.

Antonio La Banca

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